Gli immigrati arrivano da paesi che l'Onu definisce “modello”
Roma. Per le Nazioni Unite, paesi come l’Eritrea sono un modello di sviluppo. L’Eritrea, come molti altri paesi africani, ha una performance eccellente secondo i parametri definiti dai Millennium Development Goals, gli obiettivi di sviluppo del millennio, una lista della spesa di otto punti che dovrebbe definire, a detta dell’Onu, quale paese sta facendo le migliori politiche di sviluppo e quale no. Ma fuori dalla bolla del Palazzo di Vetro, ogni anno migliaia e migliaia di persone fuggono dal modello di sviluppo eritreo, affrontano un viaggio infernale per imbarcarsi sulle coste libiche o egiziane, e rischiano la vita nel Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Nel 2014, secondo l’Agenzia Onu dei rifugiati – che forse dovrebbe comunicare meglio con la sua parigrado dedicata allo sviluppo –, 34.561 emigrati giunti in Europa erano eritrei. Erano eritrei, e cristiani, anche tre dei circa trenta uomini uccisi in Libia dallo Stato islamico e mostrati in un video reso pubblico questa settimana. Eppure, ha notato Michela Wrong su Foreign Policy, a sentire l’Onu l’Eritrea ha degli indici di sviluppo invidiabili, e a giudicare dal quadro tinteggiato dalle agenzie per lo sviluppo non c’è ragione per cui decine di migliaia di disperati dovrebbero abbandonare un paese che rientra alla grande nei parametri decisi dai burocrati onusiani nei loro uffici. Scrive Wrong che lo stesso vale per tante altre nazioni africane i cui cittadini scappano per imbarcarsi e raggiungere l’Italia. Molte di queste “hanno risultati estremamente buoni sul fronte dei Millennium Development Goals”.
Gli obiettivi del millennio dell’Onu sono stati stilati nel 2000, con l’aiuto dell’economista Jeffrey Sachs, uno che ha provato a eliminare la povertà già molte volte e con scarso successo, e il plauso del fondatore di Microsoft riscopertosi filantropo: Bill Gates. Gli obiettivi scadono quest’anno, e in seguito saranno sostituiti da nuovi obiettivi per lo “sviluppo sostenibile”, ed è facile immaginare quanto la virata ambientalista della lotta alla povertà abbia creato problemi. I punti originali decisi dall’Onu sono otto, e comprendono l’eliminazione della povertà, l’accesso universale all’educazione primaria, l’uguaglianza di genere, la riduzione della mortalità infantile, il miglioramento della salute materna, il contrasto all’Aids e ad altre malattie, la sostenibilità ambientale e la creazione di un’alleanza globale per lo sviluppo. Intorno ai Millennium Development Goals l’Onu organizza da dieci anni conferenze nei suoi palazzi, esorta i governi, gestisce iniziative benefiche. Gli obiettivi nascono come un tentativo di standardizzare lo sviluppo, di dare ai filantropi l’impressione che i soldi donati servano a fare cose concrete, di consentire alle agenzie onusiane di stilare tabelle eleganti con parametri di comparazione ben definiti tra una regione sottosviluppata del mondo e l’altra.
[**Video_box_2**]Ma quado si tratta di sviluppo vero, di dare ai popoli quello di cui hanno bisogno per non abbandonare il loro paese, le tabelle ben stilate crollano e i cocktail party organizzati dalla Fondazione filantropica di Gates si sfaldano. L’Eritrea è stata indicata come un modello onusiano di sviluppo per l’Africa nonostante il suo governo dittatoriale di estrazione post comunista, eppure esporta disperati. Lo stesso, scrive Wrong, vale per l’Etiopia, il Ruanda, l’Uganda. I report annuali delle Nazioni Unite parlano di miglioramenti innegabili e non riescono a spiegare perché i barconi continuino a partire – e centinaia di disperati, come in questi giorni, a morire in mare. L’Onu è l’organizzazione a cui alcuni paesi oggetto di immigrazione, tra cui l’Italia e la Spagna, hanno pensato di affidare un’operazione internazionale via mare contro i trafficanti di persone che portano i barconi dalle coste della Libia. Ma se perfino i parametri con cui l’Onu valuta lo sviluppo dei paesi esportatori di disperati sono una dimostrazione della visione del mondo surreale delle sue agenzie, come possiamo fidarci del Palazzo di Vetro?
Dalle piazze ai palazzi
Gli attacchi di Amsterdam trascinano i Paesi Bassi alla crisi di governo
Nella soffitta di Anne Frank