A chi fa paura Kim Jong-un
La visita a Seul del segretario di stato americano John Kerry arriva pochi giorni dopo due eventi che, soppesati con attenzione, permettono di determinare il livello di minaccia raggiunto dalla Corea del nord nei confronti del resto del mondo. Il 9 maggio c’è stato il test di un missile lanciato da un sottomarino, festeggiato da Pyongyang come “un meraviglioso regalo”, “un’iniziativa personale del leader Kim Jong-un” e un successo per la Difesa della Corea del nord. C’è da aver paura, se Pyongyang può lanciare missili balistici dai fondali marini, anche se alcuni analisti, in base ai pochi dati verificabili, hanno minimizzato i progressi nordcoreani dal punto di vista della capacità offensiva. Poi c’è stato il caso di Hyon Yong-chol, ministro della Difesa di Pyongyang: in un primo momento il National Intelligence Service (il servizio segreto sudcoreano) ha diffuso la notizia dell’esecuzione di Hyon, ennesima vittima delle purghe di Kim Jong-un, ammazzato a cannonate. In seguito, i servizi hanno ammesso di non avere la certezza della morte dell’alto papavero nordcoreano. L’inadeguatezza delle informazioni d’intelligence – non solo sudcoreane, ma internazionali – fa sì che non ci sia una sola notizia confermabile quando si tratti di Corea del nord.
Ma nonostante questo, gli sforzi per ridurre l’impenetrabilità di Pyongyang e per reagire alle sue minacce sembrano ormai restare fermi alla pura propaganda. A Seul Kerry ha detto che la Corea del nord invece di mostrare un “genuino interesse” a riavvicinarsi alla comunità internazionale, “continua a sviluppare armi nucleari e missili balistici, a violare le promesse e a minacciare”, aggiungendo poi che le violazioni dei diritti umani includono “grottesche e raccapriccianti esecuzioni pubbliche”. L’America (con uno stile che ricorda non da lontano quello adottato nei confronti dell’Iran) è pronta a proporre nuove sanzioni economiche contro Pyongyang – sanzioni che, come ha rivelato un recente report dell’Onu, colpiscono la popolazione ma non diminuiscono i traffici illegali nordcoreani. D’altra parte, gli sforzi della Corea del sud di avvicinare il confine attraverso il business finora sono stati vani. Urge una soluzione, che non si fermi alle parole, prima che l’occidente si accorga del paffuto tiranno nordcoreano quando ormai sarà troppo tardi.