L'accordo con l'Iran finisce ancor prima di cominciare
In un’intervista alla tv israeliana a inizio maggio, il segretario di stato americano John Kerry ha cercato di rassicurare Israele sull’accordo per il nucleare iraniano che dovrà essere raggiunto entro il 30 giugno, dicendo: “Avremo gli ispettori in Iran ogni singolo giorno. Non è un accordo che dura dieci anni, questo, è un accordo che durerà per sempre. C’è molta isteria in giro al riguardo”. La Guida suprema della Repubblica islamica, Ali Khamenei, parlando due giorni fa davanti a una platea di cadetti a Teheran, ha detto: “Per quel che riguarda le ispezioni, ribadiamo che non lasceremo che degli stranieri vengano a ispezionare alcun sito militare” e sono vietati anche i contatti diretti con gli ingegneri nucleari – “cari figli di questa nazione” – che lavorano per il governo: “Non sarebbero colloqui, sarebbero interrogatori”.
Il controllo è la base su cui si costruisce il negoziato nucleare: Teheran fa promesse sul contenimento dell’arricchimento dell’uranio e sulla costruzione delle centrifughe, e l’occidente verifica con continuità che non ci siano violazioni, dando in cambio l’allentamento delle sanzioni. Obama, in una lunga intervista all’Atlantic, ha detto di voler siglare un accordo “sicuro”, “tra vent’anni sarò ancora in giro, se l’Iran avrà l’arma atomica ci sarà scritto su il mio nome”, ha detto, dicendo che “l’antisemitismo non rende le persone irrazionali”, Teheran vuole rientrare nel mondo e avere un’economia che funziona. Ma se il controllo non c’è o non è concesso o viene ostacolato, il deal traballa.
Le parole di Khamenei complicano il negoziato, Teheran pretende fiducia senza dar nulla in cambio, ma scardina l’argomentazione cruciale della difesa obamiana del deal: vi garantiamo che la Bomba non ci sarà, controlleremo noi. Se si pensa che in nome di questo accordo è stata plasmata la politica mediorientale di Obama, dallo Yemen passando per la Siria fino all’Iraq, la dichiarazione di Khamenei non appare solo pericolosa, è anche tremendamente umiliante.
I conservatori inglesi