Il Giappone conia il modello Peter Pan
Forse è arrivato il momento di ammettere che Haruhiko Kuroda, governatore della Banca centrale giapponese (BoJ), come motivatore è molto più convincente dell’attore americano Shia LaBeouf. Qualche giorno fa è diventato virale sui social network un video in cui LaBeouf, su sfondo verde, urla come un ossesso banalità da carismatico new age: “Fallo! Non lasciare che i tuoi sogni siano soltanto sogni, niente è impossibile!” (no, non è impazzito: il video fa parte di un progetto di una scuola d’arte di Londra). Ieri però, si è inserito inconsapevolmente nella discussione “motivazionale” pure Kuroda, che durante una conferenza sulla politica monetaria giapponese a Tokyo ha detto: “Sono sicuro che molti di voi conoscono bene la storia di Peter Pan, nella quale si dice: ‘Nel momento in cui hai dei dubbi sulla tua capacità di volare, perdi per sempre la possibilità di farlo’. Quindi sì, quello di cui abbiamo bisogno è un atteggiamento positivo e convinzione”. Così il famoso bambino che sapeva volare e non voleva crescere, personaggio delle opere dello scozzese James Barrie, portato alla celebrità da Walt Disney, è finito su tutti i quotidiani finanziari.
Kuroda è l’autore di una delle più innovative e sperimentali (se non azzardate) politiche monetarie contemporanee, e sta portando il Giappone a buoni risultati economici sul breve termine (sul lungo termine, chissà). E’ alla Banca centrale giapponese da due anni e il suo interventismo, unito alle promesse riformiste del primo ministro Shinzo Abe e della sua Abenomics, sta iniziando a modificare la mentalità dei giapponesi. Non è ancora l’Isola che non c’è, ma lentamente in Giappone le donne ricominciano a lavorare e i cittadini a spendere. E’ per questo che la metafora di Peter Pan funziona, nel caso di Tokyo.
[**Video_box_2**]Il governo ha capito che un paese soffocato da una decennale deflazione – la morte lenta, la chiamano – per far funzionare le riforme deve modificare prima di tutto il modo di pensare dei cittadini. Per Kuroda il fattore culturale stimola l’economia (reale) più della Banca centrale, e la fiducia nelle istituzioni è tutto. La “Banca di Peter Pan” opera creando un clima di ottimismo e le condizioni per la crescita demografica, aumentando la spesa e i posti di lavoro. Alla faccia di Capitan Uncino, dei peggioristi e dei gufi. Che sapranno pure volare, ma ancora non ci credono.