Così Wall Street vuole la testa del ceo di Twitter Dick Costolo
Il ceo di Twitter Dick Costolo ha lasciato l'azienda. L’annuncio è stato diffuso ieri sera tramite l’account ufficiale di Twitter per gli investitori e poi confermato con un comunicato stampa.
Dopo quasi cinque anni come Ceo, Costolo rimarrà nel consiglio di amministrazione, mentre al suo posto, in attesa di un nuovo amministratore delegato, siederà Jack Dorsey, co-fondatore di Twitter con Evan Williams, Biz Stone e Noah Glass, ed è anche a capo di Square, azienda di pagamenti elettronici.
Qualche giorno fa avevamo anticipato i motivi della decisione.
Roma. “Avrai ancora il tuo lavoro alla fine dell’anno?”. Dick Costolo, il ceo di Twitter, ha esitato prima di rispondere. Era seduto la settimana scorsa davanti a Kara Swisher, la migliore reporter della Silicon Valley, durante una conferenza del sito di tecnologia Re/code. “Guarda”, ha detto Costolo, agitando le mani, “sono… concentrato sul mio lavoro e sulle cose che devo fare. Non mi interessa se sarò ancora qui alla fine dell’anno”. Costolo si sente fare questa domanda da oltre sei mesi, da quando alla fine del 2014 gli investitori di Wall Street hanno iniziato una campagna durissima per cacciarlo dalla guida di Twitter. Nessuno però gliel’aveva fatta a muso duro come Swisher, una che ha fatto più scoop di tutti i suoi colleghi messi insieme e che è temuta in tutta la Silicon Valley. Costolo ha ripetuto più volte di essere concentrato sul suo lavoro, di non pensare a quello che succede intorno a lui, e poi ha detto: non sono più tanto preoccupato di compiacere Wall Street. Probabilmente voleva dire che lui pensa alle strategie di lungo termine e non alle richieste impazienti degli investitori. Ma per tutti la frase è suonata come: presto non dovrò più preoccuparmi di compiacere Wall Street. Gli investitori di Twitter si sono incontrati mercoledì nella notte italiana, e i giornali specializzati già immaginano chi potrebbe essere il suo sostituto.
Dick Costolo è l’esatto contrario dello stereotipo del ceo della Silicon Valley. Non è il ventenne che ha abbandonato il college per fare i miliardi con una app rivoluzionaria, non va in giro con le ciabatte del primo Mark Zuckerberg, non ha mai lasciato tradire progetti di conquista del mondo. Costolo ha cinquant’anni, e potrebbe essere il papà di tutti i suoi parigrado nella Valley. Indossa completi eleganti e non ha abbandonato il college, anzi si è laureato con profitto, ma dopo la laurea ha cercato per qualche anno di diventare un comico teatrale. Poi ha recuperato la strada del business, e ha iniziato una carriera rispettabile e brillante da manager. E’ poco conosciuto rispetto ai suoi pariruolo, i media quando trattano di Twitter preferiscono parlare dei suoi tre fondatori – che sono quattro, ma uno ha subìto una damnatio memoriae, e già questo basta per far capire quanto la loro storia sia succosa. Racconta Nick Bilton, in un libro uscito nel 2013, che lo stesso Costolo divenne ceo di Twitter dopo una congiura di palazzo. La sua nomina fu salutata come un fatto positivo, finalmente un manager vero sostituisce quei ragazzini litigiosi dei fondatori, si disse, Costolo aveva già fatto bene come direttore operativo di Twitter, e tutti speravano che avrebbe risolto i problemi di guadagno della compagnia. Ma dopo quattro anni, i guadagni non sono aumentati e per Twitter si è fermata anche la crescita di nuovi utenti. L’ultima trimestrale, uscita lo scorso aprile, è stata disastrosa, i risultati sono perfino stati pubblicati illegalmente ore prima dell’annuncio ufficiale, le entrate sono stagnanti a 436 milioni di dollari e gli utenti fissi a 302 milioni. Costolo deve andarsene, dicono gli analisti, che hanno già iniziato a fare i conti su quanto risalirebbe il titolo in Borsa se il ceo rassegnasse le dimissioni, e c’è un consenso comune, ormai, sul fatto che al prossimo passo falso Costolo sarà sbattuto fuori. Durante l’intervista con Re/code (nota a margine: Re/code è stato fondato da Swisher assieme a Walt Mossberg, entrambi usciti dal Wall Street Journal l’anno scorso per creare un progetto indipendente, ma la scorsa settimana è stato comprato dal conglomerato editoriale Vox Media), Costolo ha detto che ha la completa fiducia del suo consiglio di amministrazione e che anzi c’è un problema di “overcommunication”: siamo fin troppo in sintonia, ha detto, i consiglieri credono nella mia strategia.
[**Video_box_2**]Ma per investitori e analisti la strategia di Costolo è ancora troppo fumosa, lui stesso ha detto che a volte teme di prestare troppa attenzione alle esigenze del momento e di lasciare sfuggire il quadro generale. L’ultimo successo di Twitter, la app di livestreaming Periscope, ha relativamente poco a che vedere con il core business della compagnia, ma mostra che nel quartier generale di Twitter c’è un problema di ricavi, non certo di genialità. Chi difende Costolo dice che il suo peccato più grave è di essere privo dell’allure del fondatore e dell’aura mitica del guru tecnologico, incolpare lui dei problemi di Twitter significa non distinguere i problemi congiunturali da ciò che è strutturale: i primi sono ben gestiti, ma forse per la compagnia è tempo di un ripensamento più grande. Fin dai primi anni tra i fondatori si è scatenata una lotta tra chi (Ev Williams) vedeva in Twitter uno strumento di comunicazione (la ragione per cui Twitter è amato dai giornalisti) e chi (Jack Dorsey) lo considerava un social network (la ragione per cui Twitter è amato dalle fan di Justin Bieber). Nessuno ha ancora sciolto il nodo di cosa sarà Twitter nei prossimi dieci anni, e Wall Street inizia a pensare che Costolo non sarà in grado di farlo. Ma “nessuno ha pensato a Twitter tanto quanto Dick”, ha scritto il fondatore Jack Dorsey in una serie di tweet in difesa del ceo, bisognerà vedere se avrà tempo per mettere in pratica.
I conservatori inglesi