Hillary Clinton (foto LaPresse)

Hillary e la catena dei cialtroni

Redazione
L’allora segretario di stato riceveva report folli sulla Libia. Il caso Hersh

Pochi giorni prima dell’uccisione del dittatore libico Muammar Gheddafi, Hillary Clinton, allora segretario di stato dell’Amministrazione americana, riceve un’email (sulla sua casella di posta privata, of course) marcata “confidential”. Il mittente è Sidney Blumenthal, eminenza grigia del clintonismo, ex consigliere di Bill, che al tempo mandava dispacci d’intelligence libici al segretario di stato trovandosi nella curiosa situazione di percepire uno stipendio dalla Clinton Foundation e curare affari personali lucrosi proprio in Libia. L’oggetto della missiva, come ha raccontato Josh Rogin su Bloomberg View, analizzando le email private rese pubbliche di recente da Clinton, è: “La posizione di Gheddafi”, e il contenuto è da scoop: Gheddafi si trova in Ciad, si prepara a condurre una “guerra infinita” contro i suoi nemici, e il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh, che ha contatti di altissimo livello con dei “benefattori” del rais, sta per fare un’intervista esclusiva con il dittatore ormai decaduto.

 

Peccato che cinque giorni dopo, il venti ottobre del 2011, Gheddafi viene ucciso dalle milizie a Sirte, a circa 2.000 chilometri dal Ciad dove Hersh era sicuro di trovarlo. Chissà se in quei giorni il premio Pulitzer già si trovava nello stato africano, cercando il contatto giusto per accedere al serraglio del rais, che nel frattempo stava morendo crivellato di proiettili dentro a un tubo delle fognature di Sirte. Hersh ha finito così per mancare di pochissimo l’ennesimo scoop, come le altre “accuratissime inchieste” (copyright Barbara Spinelli) che gli sono valse sonore smentite dagli esperti di tutto il mondo, da quella demenziale che assolveva il dittatore siriano Bashar el Assad dagli attacchi chimici a quella che definisce l’uccisione di Osama bin Laden una specie di inside job. Così, dalle email di Hillary, scopriamo una volta di più che nel 2011, e chissà per quanto tempo ancora, c’era una catena di esperti a dir poco cialtroneschi (Blumenthal, usando Hersh e le sue fonti) a esternare opinioni in libertà al segretario di stato su uno dei teatri di conflitto più importanti del decennio. Non è una buona credenziale per la candidata favorita alle elezioni presidenziali del 2016.

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