Ankara è ancora troppo ambigua
Lo scorso ottobre, mentre tutto il mondo osservava con ansia i combattimenti nella cittadina di Kobane, in Siria, dove un gruppo di soldati curdi stava resistendo, circondato, all’avanzata dello Stato islamico, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, si limitò a osservare che l’enclave curda “stava per cadere” nelle mani dei terroristi islamici. Kobane è a poche centinaia di metri dal confine turco, ma l’idea di avere i tagliagole dello Stato islamico a un passo da casa non terrorizzava il presidente, che per aiutare Kobane non aprì le basi aeree turche ai caccia americani, né mosse i suoi soldati, che pure guardavano i combattimenti dal confine. Ma quando la settimana scorsa il Pyd, gruppo armato curdo attivo in Siria e sostenuto dall’occidente, ha strappato dalle mani dello Stato islamico un’altra cittadina di confine, Tal Abyad, Erdogan è apparso molto più preoccupato. “Questo non è un buon segno”, ha detto domenica, “potrebbe portare alla creazione di una struttura che minaccia i nostri confini”: Erdogan è arrivato a tanto così dal dire che preferisce lo Stato islamico ai gruppi armati curdi, oggi i migliori alleati dell’occidente contro il califfo Abu Bakr al Baghdadi, ma a colmare la reticenza del presidente ci ha pensato ieri il quotidiano filogovernativo Sabah, che ha sparato a tutta pagina questo titolo: “Il Pyd è più pericoloso dello Stato islamico”.
E’ la summa di tutte le ambiguità della Turchia di Erdogan nella guerra in Siria e Iraq e in quella parallela contro il terrorismo del califfo, nella quale l’allora premier e oggi presidente turco non si è mai davvero voluto compromettere per ragioni di convenienza, per timori di infiltrazioni, per calcoli di politica interna (mettere in cattiva luce i curdi è tanto più importante ora che un partito curdo ha fatto perdere all’Akp del presidente la maggioranza al Parlamento e potrebbe essere determinante per la formazione del governo). L’alleanza dell’occidente con i curdi diventa l’ennesima ragione di divario tra Ankara e gli alleati della Nato, e in Turchia la vicenda si tinge anche di complottismo: ieri un altro giornale filogovernativo, Aksam, definiva in prima pagina il disastro siriano come “coprodotto” dalla Cia e da Hurriyet, giornale turco d’opposizione.