Isis #staisereno
Gli storici la chiamano “phoney war”, fu la coda del più noto ma altrettanto dannoso appeasement con i nazisti. Funzionava così, la “guerra fasulla”: gli Alleati dichiararono sì guerra al regime di Hitler nel settembre del 1939, ma per mesi si astennero da qualsiasi offensiva o controffensiva degna di questo nome. Intanto Hitler avanzava, prendeva coraggio, arrivando a bombardare navi e città inglesi.
Oggi il copione della “strana guerra” sembra ripetersi di fronte all’avanzata dello Stato islamico in Siria e Iraq, con alcune sue propaggini ideologiche e militari già estese su entrambe le sponde del Mediterraneo. Di nuovo noi siamo in guerra, ma non facciamo la guerra. Ieri il parallelo, sul Wall Street Journal, lo hanno evocato Hillel Fradkin e Lewis Libby, rispettivamente direttore del centro sull’islam dell’Hudson Institute ed ex consigliere di George W. Bush. L’Amministrazione Obama, dopo essersi astenuta dall’intervento contro il regime di Damasco, ora si muove controtempo nel contrastare lo Stato islamico. Una campagna militare a tenue guida americana è in corso, ma così limitata da avere scarso effetto: solo dall’alto (droni), con tempi di efficacia attesi di 5-10 anni, contando sull’aiuto di (ex) nemici come l’Iran degli ayatollah, eccetera. Strana guerra, appunto. Il resto dell’occidente, col feticcio della legalità internazionale, figurarsi se fa di meglio. E’ auspicabile dunque che Londra si emancipi (vedi articolo sopra), che sperimenti su Raqqa e dintorni l’unica risposta possibile ai tagliagole, cioè una violenza incomparabilmente superiore. Finché non succede, il Califfo penserà quel che Hitler pensava dell’occidente libero: “Komischer Krieg”, guerra comica, così chiamava la nostra drôle de guerre.