Una legge contro il boicottaggio di Israele
"No al boicottaggio di Israele”, ha scandito il premier Renzi alla Knesset, il Parlamento israeliano. Musica per le orecchie dei popoli cosiddetti civili che dovrebbero battersi contro la delegittimazione dello stato ebraico. Ma la musica ha uno spartito. Non basta un tweet o uno speech per fermare il BDS, il movimento per il “Boicottaggio, la Delegittimazione e le Sanzioni” contro Israele. Serve una legge. E Renzi e il ministro Boschi potrebbero imparare dalla Francia, che ha una legge che criminalizza i boicottaggi economici e una che bandisce l’incitamento al boicottaggio. Cardine di questa legge è l’idea che la libertà di opinione sia sacrosanta, ma anche che non possa essere usata per veicolare l’esclusione di un paese e un popolo dal consesso civile. Il BDS è nato a Durban, durante la conferenza dell’Onu contro il razzismo nel 2001 che degenerò in un festival dell’odio per Israele.
Da allora ha dilagato in cooperative, fondi pensione, università, giornali, chiese, ong, municipi. Il peso che il BDS potrebbe avere su Israele è stato quantificato, senza considerare il danno morale e di immagine. L’economia di Israele potrebbe perdere fino a 10,5 miliardi di dollari all’anno e migliaia di persone potrebbero perdere il posto di lavoro se il paese fosse soggetto a un boicottaggio internazionale completo, secondo un rapporto del ministero delle Finanze di Gerusalemme. Si tratta di un antisemitismo mascherato che il Centro Wiesenthal ha paragonato alla campagna di Hitler “non comprate dagli ebrei”. L’Italia, memore di quando sotto il fascismo si boicottavano i negozi ebraici (“questo negozio è ariano”), deve fare qualcosa di concreto per fermare questo movimento odioso.