Appello alla guerra globale
Esiste un pivot asiatico dello Stato islamico? E' ora di parlare di India
Roma. Per teologia e propaganda, lo Stato islamico conta molto sull’inquietante fascinazione della “guerra globale”. Evocare il jihad universale è come lanciare esche un po’ ovunque, sperando che qualcuno – un gruppo organizzato, un lupo solitario – abbocchi. E questo pure se le basi del Califfato sono quasi tutte irachene, e la sua espansione militare è avvenuta in Siria e Iraq. Gli appelli del califfo Abu Bakr al Baghdadi sono diretti a tutti i musulmani del mondo, e se l’espansione del gruppo fuori dai suoi confini naturali è un fenomeno contestato, l’attrazione planetaria nei confronti del suo brand è forte. Lo Stato islamico sa inserirsi nei punti di frattura delle società e degli stati, là dove la resistenza all’estremismo è più debole e i conflitti sono prossimi a esplodere.
Tre giorni fa un documento dello Stato islamico pubblicato da Usa Today e ottenuto dall’American media institute (non datato ma giudicato da alcuni esperti sentiti dal giornale come autentico) aggiunge un nuovo obiettivo alla lunga lista dell’espansione propagandistica di Baghdadi: l’India. Nel documento si legge del progetto di creazione di un esercito jihadista in Afghanistan e Pakistan a cui dovrebbero aggregarsi anche i talebani afghani, con l’intento di provocare una guerra “da fine del mondo” tra potenze nucleari al confine con l’India e che coinvolga anche gli Stati Uniti. Un rappresentante del governo di Nuova Delhi ha smentito seccamente (“bullshit”) i contenuti del piano, e gli esperti ricordano di non fidarsi della propaganda. Ma alcuni segnali esistono. Nell’ottobre del 2014 in Kashmir – una delle zone di confine più turbolente dell’India – degli studenti hanno sventolato in almeno tre occasioni pubbliche le note bandiere nere, ma era per provocazione (“il gesto di qualche idiota”, commentò il governatore Omar Abdullah). Il fatto è che la propaganda dell’Is cerca esattamente quelle aree – il confine tra India e Pakistan, l’inimicizia storica tra i due paesi, i conflitti settari tra musulmani e indù – occupando gli interstizi d’odio per colpire regioni dove le fratture tra stati e all’interno della società sono profonde. Il documento di Usa Today, attendibile o no, è un caso di studio sull’estensione della propaganda islamista, e con tempismo propone un’alleanza con i talebani proprio nel momento in cui è stata diffusa la notizia della morte, due anni fa, del loro leader, il Mullah Omar.
[**Video_box_2**]“In Asia lo Stato islamico non è un modello autoctono”, dice al Foglio Nicola Pedde, direttore del centro di ricerca Institute for Global Studies, “qui le realtà sociali non hanno niente a che vedere con quelle del mondo arabo”. Fuori dai suoi confini storici iracheni e siriani, “l’espansione dell’Is è stata soprattutto un fenomeno di autoaffiliazione di strutture jihadiste preesistenti”, spiega Pedde, e l’espansione del gruppo jihadista in territorio asiatico potrebbe essere al massimo l’esportazione di un “brand”. L’India inoltre è guidata da un governo forte (a luglio Narendra Modi è stato una settimana in Asia centrale per sviluppare strategie comuni contro lo Stato islamico) e ha un’economia in crescita, e non risente delle turbolenze politiche di molti paesi arabi. Il potenziale però esiste. Finora pochi musulmani indiani si sono uniti al gruppo di al Baghdadi, ma all’inizio dell’anno l’intelligence inglese ha avvertito Nuova Delhi della possibilità di attacchi, e il governo ha preso misure per evitare il contagio. Tra il subcontinente indiano e il sud-est asiatico vivono alcune delle comunità musulmane più popolose del mondo, e in Indonesia, per esempio, l’espansione dello Stato islamico è un problema grave, con 500 foreign fighters già partiti per la Siria e una comunità che si va radicalizzando. Un anno fa al Qaida ha annunciato la nascita di una sua filiale nel subcontinente indiano. Modi nel 2002 era il governatore del Gujarat, quando circa mille musulmani furono uccisi durante delle rivolte popolari, motivo per cui al momento della sua elezione a primo ministro, lo scorso anno, al Qaida ha diffuso un video per incitare ad attacchi contro Nuova Delhi.