Netanyahu contro il terrorismo interno
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha condannato subito, e con forza, l’attacco in Cisgiordania contro alcune famiglie di palestinesi compiuto, con tutta probabilità, da estremisti ebraici. Di fronte alla scritta “vendetta” che è comparsa sul muro di una casa a Douma, di fianco a un’altra che era stata bruciata con dentro dei bambini che dormivano – uno è morto, il più piccolo, di 18 mesi – Netanyahu ha detto di essere “sconvolto” e ha aggiunto: “Questo è un atto di terrorismo. Lo stato di Israele adotta la linea dura contro il terrorismo, indipendentemente da chi siano gli esecutori”. Netanyahu ha reagito con quella prontezza e intelligenza che pochi, soprattutto al di fuori dello stato di Israele, sanno riconoscergli, visto che è considerato soltanto un falco che non vuole la pace con nessuno.
L’esercito israeliano li sta cercando, questi esecutori, che pare siano quattro e siano entrati di mattina presto nel villaggio a fare la strage, ma intanto la rabbia palestinese è già scoppiata – è stata lanciata “la giornata della furia” – nelle strade e nelle parole dei loro leader, che dicono che la responsabilità è esclusivamente del governo israeliano che “ha lasciato impunito questo terrorismo”. Già in passato episodi di questo genere – la morte di un bambino ha un significato tragicamente simbolico in queste terre – sono stati il pretesto per conflitti dolorosi: Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, da tempo tenta di innescare una rivolta in Cisgiordania, e ora è possibile che questo episodio sarà strumentalizzato come “miccia” di nuove violenze, che da giorni paiono nell’aria. Il Cretino Collettivo occidentale non attende altro che avallare questa ipocrita lettura di un’azione (israeliana) seguita da una legittima reazione (palestinese).