Un ostaggio occidentale in Egitto
Proprio adesso che il governo del Cairo arriva all’appuntamento storico con l’espansione del Canale di Suez, un ampliamento che è stato definito “la rinascita dell’Egitto” e che dovrebbe riempire le casse della nazione, lo Stato islamico fa la sua mossa. La “Provincia del Sinai” ha pubblicato mercoledì un video in cui un ostaggio occidentale, un croato sequestrato in Egitto, chiede al governo egiziano di liberare tutte le prigioniere musulmane dalle carceri entro quarantott’ore, altrimenti “sarò decapitato” in un altro, ennesimo snuff movie islamista. La condizione posta dai rapitori è evidentemente impossibile da soddisfare ed è pensata per far scattare il dramma mediatico, in attesa della scadenza dell’ultimatum. Soltanto due settimane fa un comandante israeliano ha definito lo Stato islamico in Sinai una delle sezioni meglio organizzate e più pericolose del gruppo.
Ora questo nuovo sviluppo è preoccupante: i video con ostaggi occidentali in Siria erano il risultato di casi eccezionali, i prigionieri erano reporter e operatori umanitari catturati in un contesto con pochissimi occidentali. Se “il metodo siriano”, chiamiamolo così, dello Stato islamico si trasferisce in Egitto, dove lavorano o comunque vivono migliaia di occidentali, c’è il rischio di rapimenti su scala industriale e della triste sequenza già vista in altri paesi, da ultimo in Libia: le raccomandazioni delle ambasciate a non visitare l’Egitto, l’estinzione del turismo, la fine delle operazioni commerciali gestite da stranieri. Le squadre di rapitori dello Stato islamico stanno tentando la loro manovra asfissiante nel paese arabo che ha i rapporti più aperti e importanti con l’occidente.
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