Proteste a Baghdad, per ora tutto bene
In Iraq per tutto agosto ci sono state manifestazioni di massa in strada per protestare contro la corruzione nel governo – una prova di forza spettacolare dei manifestanti, se si considera la temperatura sopra i cinquanta gradi. Analoghe proteste negli anni scorsi erano finite in catastrofe, nel 2011 l’esercito aveva sparato, c’erano state decine di morti e il primo ministro Nouri al Maliki non aveva battuto ciglio. Questa volta la polizia distribuisce bottigliette d’acqua e si fa fotografare assieme con i manifestanti – anche se ci sono situazioni tese (a Babil domenica quattro persone sono state ferite da armi da fuoco in scontri). Il governo di Haider al Abadi sta rispondendo con una serie di misure in teoria drastiche, come il taglio del numero dei ministri e dei loro giganteschi apparati, in pratica ancora lontane dalla sufficienza. Ora fermiamoci qui e tocchiamo ferro, o bussiamo sul legno come fanno gli americani – insomma facciamo gli scongiuri come sempre quando si parla di Iraq.
Ci sono delle proteste in strada e stanno sortendo alcuni piccoli, embrionali risultati. Non si poteva dire lo stesso ai tempi di Saddam Hussein, il baathista che rideva (l’altro, quello triste, è Assad). E non si può dire lo stesso della popolazione finita sotto il controllo dello Stato islamico, nelle regioni del centro e del nord. A proposito, ieri c’era un reportage sul Fatto (più che altro un collage di reportage precedenti) in cui si sosteneva che lo scontento sunnita in un Iraq corrotto e dominato dagli sciiti trova naturale sfogo nello Stato islamico. Ecco, no. L’atto iniziale della campagna internazionale contro lo Stato islamico nel 2014 è stato – assai correttamente – la cacciata di Maliki, proprio per cominciare a togliere gli alibi. I sunniti hanno sofferto gravi ingiustizie per mano degli sciiti – e viceversa anche gli sciiti. Lo Stato islamico è un soggetto tutto diverso. E’ una struttura dottrinale, apocalittica e senza tempo che incoraggia la decapitazione rituale degli ostaggi, lo stupro di massa e le bombe nelle moschee. Non ha alleviato le sofferenze dei sunniti iracheni e siriani, le ha piuttosto moltiplicate per dieci, come sa la maggioranza di essi, che si oppone a Baghadi invece che rispondere ai suoi sermoni.