Il fronte interno
Obama inizia la caccia casa per casa ai voti per l'accordo con l'Iran
New York. Il vecchio adagio di Tip O’Neill “all politics is local” vale anche quando sul tavolo ci sono questioni geopolitiche globali, come l’accordo nucleare con l’Iran. L’offensiva di Barack Obama per racimolare i voti necessari per blindare il deal al Congresso non è un annuncio a reti unificate, piuttosto una minuziosa strategia locale. Questa settimana il presidente ha organizzato una serie di interviste con network televisivi non illustri ma improvvisamente diventati cruciali perché vengono trasmessi negli stati dove ci sono ancora senatori democratici indecisi sul voto. Il presidente ha rivolto appelli agli ascoltatori (ed elettori) del Michigan, dello stato di Washington, del Delaware, della Pennsylvania del Maryland e del New Jersey per convincere senatori come Chris Coons, Bob Casey, Cory Booker e Maria Cantwell a non unirsi alla fronda anti accordo guidata dal peso massimo democratico Chuck Schumer.
E certo i senatori in questione non potranno non tenere conto dell’opinione del proprio elettorato, già bombardato da campagne televisive in favore della mano tesa con l’Iran. La Casa Bianca ha già dalla sua 29 dichiarazioni di voto favorevoli fra i democratici del Senato. Per difendere il veto che il presidente ha già promesso in caso di una prima bocciatura, la Casa Bianca ha bisogno soltanto di cinque voti fra i quindici senatori ancora indecisi. Obiettivo più che abbordabile, ma Obama vuole una vittoria rotonda, senza ricorrere a un veto che darebbe uno sgradito segnale di debolezza politica. Per ottenerla servono dodici voti, da conquistare stato per stato, casa per casa.
I conservatori inglesi