Occupy the White House
Il giurista Lawrence Lessig si è aggiunto ufficialmente alla schiera delle candidature improbabili della Casa Bianca. Improbabili non soltanto per quanto riguarda il risultato – Lessig ha anche meno possibilità di vittoria di quelli che in questo momento non raggiungono l’1 per cento nei sondaggi – ma anche perché inesorabilmente legate a un elemento squisitamente personale, dettate da un’idiosincrasia verso il sistema che conduce questi cavalli a briglia sciolta a rifiutare programmaticamente qualunque alleanza con l’establishment. Se il socialista Bernie Sanders andasse a braccetto con la direzione del Partito democratico non sarebbe più Bernie Sanders, quello di Occupy Wall Street e del welfare scandinavo, dunque l’unica soluzione è buttarsi in una corsa elettorale disperata ma originale. Donald Trump non ha il piglio ideologico di Sanders né quello professorale di Lessig, eppure condivide con i due compagni d’avventura l’elemento personalistico e la vocazione minoritaria, il sentimento orgoglioso di non dipendere dagli ordini di scuderia di un partito, di non essere alla mercé delle voglie di correnti e lobby. E’ la fatua libido della politica do it yourself.
Lessig è un candidato di scopo. L’obiettivo unico della sua presidenza sarebbe quello di riformare il sistema dei finanziamenti alla politica, che giudica la causa di tutti i mali di Washington, e poi lascerebbe la guida del paese al vicepresidente. L’altro giorno ha raggiunto l’obiettivo di fundraising che si era prefissato: 1 milione di dollari tirati su con una democratica operazione di crowdfunding. John Naughton sull’Observer ha elogiato il “tocco di genio” che contraddistingue una mossa politica disperata, suggerendo ai politici britannici di prendere esempio da lui, eroe solitario che si batte per una giusta causa. Ma gli eroi solitari con sogni di purezza non hanno mai giovato in modo particolare al dibattito. Il movimentismo trasvalutato in politica ha più spesso inasprito e sclerotizzato che lenito e offerto spazi per la costruzione di una piattaforma politica seria. La politica personale è, in teoria, un bell’esercizio di ginnastica democratica; in pratica è una gentile forma di imbarbarimento della politica.