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Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)
“Europei siate coraggiosi”, dice Juncker
Jean-Claude Juncker ieri ha pronunciato il suo discorso sullo stato dell’Unione europea, così lungo e dispersivo che i giornalisti esasperati gli hanno chiesto di riassumerlo in una battuta nella conferenza stampa che è seguita. “Quello di cui abbiamo bisogno in Europa sono solidarietà e coraggio… gli europei non devono avere paura”.
Un passaggio significativo del discorso è stato quando Juncker ha detto che “vogliamo fare la guerra allo Stato islamico, ma diciamo di non essere pronti ad accogliere i profughi di quella guerra”. Ecco, roba da sobbalzare, perché la frase può – anzi, dovrebbe – essere rovesciata: siamo pronti ad accogliere i profughi di quella guerra (in testa a tutti Frau Merkel, “la madre di tutti i siriani” come la chiamano i profughi) ma ancora non siamo pronti a muovere guerra allo Stato islamico. Juncker sa bene che c’è un rapporto di causa ed effetto tra la guerra in medio oriente e le ondate di profughi, ma non mette le cose nell’ordine giusto: se l’Europa fosse davvero solidale e coraggiosa, prenderebbe l’iniziativa per colpire lo Stato islamico, dove per colpire s’intende fare le cose sul serio, non affidarsi a voli radi di droni e di pochi aerei. E invece questa necessità non è stata mai menzionata durante l’alluvione di parole. Gli europei non devono avere paura, ma soltanto quando si tratta di porgere bottigliette d’acqua minerale e applaudire i profughi in arrivo nelle stazioni. Per il resto, una politica estera e militare europea non esiste e non è nominata durante il momento solenne del discorso sullo Stato dell’Unione. Come se fosse un anno qualsiasi, e non l’anno di una crisi di sicurezza con pochi precedenti.
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