Il contrarian battuto
Tony Abbott non è più il premier australiano, ora tocca al suo ex ministro delle Comunicazioni, quel Malcolm Turnbull di cui si parlava da un po’, perché si sapeva che era impaziente, che era popolare (tra gli elettori, non nel suo Liberal Party), che voleva approfittare del calo dei consensi di Abbott per accendere i riflettori su se stesso. Ieri infine ce l’ha fatta battendo Abbott in un voto interno ai conservatori, e con un discorso sulla serietà della leadership necessaria al cambiamento ha iniziato il suo mandato da primo ministro.
Abbott, il contrarian per eccellenza, vivace fustigatore del politicamente corretto, austero in economia, duro sull’immigrazione, contro il matrimonio gay e contro la litania stantìa del cambiamento climatico, lascia così la scena, dopo mesi in cui ha dovuto combattere parecchio, contro l’opposizione sempre pronta a dipingerlo come un rozzo disumano, e contro molti del suo stesso partito che cercavano di riposizionarsi in vista della prossima tornata elettorale. Nonostante la lotta fratricida abbia già indebolito il Partito laburista, anche i liberali hanno deciso di intraprendere la stessa strada, affidandosi a un miliardario con un passato in Goldman Sachs, socialmente progressista (è a favore delle nozze gay), ma fiscalmente rigoroso. Si vedrà se la scelta è stata oculata e se il ricambio porterà vitalità e non faide, ma intanto possiamo essere sicuri che, in Australia, nessuno si sognerà di fare polemica sul governo-che-non-ha-legittimazione.