Ambasciator non porta pena
Il quotidiano israeliano Haaretz ha dedicato nell’ultimo mese ben quattro articoli sulla designazione di Fiamma Nirenstein come prossimo ambasciatore d’Israele in Italia, a partire dal 10 agosto scorso quando ha dato in anteprima la notizia. Dietro a questo morboso interesse, si cela in realtà l’ennesimo attacco da parte del giornale liberal a Bibi Netanyahu, che ricopre nel suo governo anche il ruolo di ministro degli Esteri. Haaretz ora ha arruolato anche il noto professore e storico Shlomo Avineri. Gli argomenti di critica spaziano da una supposta opposizione alla nomina da parte di alcuni elementi della comunità ebraica romana (supposta in quanto in seguito smentita dagli interessati), al classico argomento antisemita della “doppia lealtà”, per giungere infine, citando Avineri, a un evidente sgarro che Netanyahu vorrebbe fare al governo Renzi, inviando un’ambasciatrice identificata con uno dei leader dell’opposizione.
Argomentazione ridicola per chiunque sia informato dei fatti, e abbia memoria dell’attività notoriamente bipartisan di Nirenstein. Quanto alla questione della “doppia lealtà”, nel corso dei secoli quelli che hanno legato il destino della diaspora ebraica a quello di Israele in modo deprecativo sono sempre stati gli antisemiti. Furono i sindacati italiani, per esempio, che nel 1982, come segno di protesta verso le politiche israeliane in Libano, deposero una bara di fronte al Tempio Maggiore di Roma, preludio all’attentato in cui perse la vita il bimbo Stefano Taché. E’ in base a quel pregiudizio che è stato rapito e ucciso Ilan Halimi a Parigi perché ebreo. In base a quello si bruciano le bandiere di Israele nelle piazze europee. Sono loro che costringono le autorità ebraiche romane ad andare in giro con la scorta, non di certo Fiamma Nirenstein.
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