Il miracolo spagnolo funziona
I profili su internet del premier spagnolo Mariano Rajoy ieri erano in gran movimento. Annunciavano tutti in pompa magna il nuovo dato eccezionalmente favorevole dell’Istituto nazionale di statistica (Ine) sulla disoccupazione in Spagna, che sta calando a livelli inattesi anche per gli analisti. Nell’ultimo anno la popolazione attiva in Spagna è aumentata di oltre mezzo milione, e il numero dei disoccupati è sceso del 5,79 per cento rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso. E’ un dato storico, perché per la prima volta dal 2011, anno tra i più feroci della crisi e soprattutto anno in cui Rajoy ha assunto la guida del governo spagnolo, i disoccupati sono meno di 5 milioni (4,85 milioni per l’esattezza). Il tasso di disoccupazione resta elevato, al 21,18 per cento, ma è lontanissimo dal terribile 26,94 per cento raggiunto nel 2013, e oggi Rajoy può dire che la disoccupazione è inferiore a quella che ha trovato quando è entrato in carica.
Per Rajoy, che affronta le elezioni del 20 dicembre puntando tutto sui buoni risultati economici raggiunti dal suo governo, è importante dimostrare agli elettori che il “miracolo” spagnolo sta uscendo dai numeri freddi del pil e si fa sentire nell’economia reale, e il dato sull’occupazione metterà a tacere chi ancora dice che la ripresa spagnola è frutto della statistica e non è percepita dai cittadini. “Siamo passati dal provocare la metà della disoccupazione in Europa a creare la metà dell’occupazione”, ha detto ieri Rajoy, ricordando come ormai grazie alle riforme varate negli anni scorsi il miglioramento del mercato del lavoro può essere considerato strutturale. Un secondo mandato è quello che serve al premier per portare a termine il lavoro.
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