Nell'Ue dei ciechi, Orban vede benissimo
Nel bene o nel male, Viktor Orban è uno dei rari leader in Europa a avere le idee chiare sulla crisi dei rifugiati. Al congresso del Partito Popolare Europeo di Madrid, il premier ungherese ha accusato Angela Merkel di aver innescato un “processo incontrollato” che minaccia la democrazia, con la sua decisione di accogliere tutti i profughi siriani. I cittadini non “ci hanno dato l’autorizzazione per permettere a milioni di migranti di entrare nel nostro continente”, ha spiegato Orban. Certo, i rifugiati “sono vittime, ma considerarli vittime non significa che dobbiamo diventare vittime a nostra volta”.
Merkel ha risposto che “chiunque entra in Europa ha diritto a essere trattato in modo umano”. Ma, con il suo viaggio ad Ankara per implorare Recep Tayyip Erdogan di tenersi i rifugiati, la Cancelliera ha mostrato i limiti della sua politica di apertura. Lo ha ricordato Orban, parlando di “pericoloso mix” quando “l’Europa è ricca e debole”. “Se a causa della nostra incapacità di reagire ci aspettiamo che sia la Turchia a risolvere” la crisi, allora l’Ue si “espone” al ricatto di Erdogan, ha avvertito l’ungherese. La spaccatura interna al Ppe sui rifugiati è profonda e rispecchia quella interna all’Unione europea. Nel momento in cui il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, predica la “solidarietà”, il suo omologo al Consiglio Europeo, Donald Tusk, ricorda che “il dovere primario delle autorità pubbliche è sempre stato di fornire sicurezza alla propria comunità e proteggere le frontiere”. E’ un’ulteriore prova che, a prescindere dal ruvido Orban, la crisi dei rifugiati sta portano al limite la capacità di resistenza dell’Ue.