Trentatré minuti, centotrentadue morti, trecentocinquanta feriti. Cronologia di una strage
Venerdì ore 20.45
Allo Stade de France di Saint-Denis, nella periferie nord di Parigi, inizia la partita amichevole tra Francia e Germania. In tribuna c’è il presidente della Repubblica François Hollande. Circa 80mila gli spettatori. Tra loro anche circa 1.200 persone che avevano aiutato i soccorsi per il volo Germanwings che in marzo si era schiantato sulle Alpi. Hanno ricevuto il biglietto in omaggio da Lufthansa, la compagnia aerea tedesca di cui Germanwings è una branca [il Post 15/11].
Venerdì ore 21.20
Il pubblico e anche i giocatori in campo allo Stade de France sentono un’esplosione molto forte. In molti pensano che si tratti di un petardo. Le telecamere inquadrano l’espressione stranita di Patrice Evra, terzino francese della Juventus. Un terrorista si è appena fatto esplodere davanti alla porta D dello stadio, con un gilet composto di Tatp (l’esplosivo), pile collegate a un detonatore a bottone, e bulloni, per aggravare ancora di più gli effetti dello scoppio. Il kamikaze in realtà aveva un biglietto per il match e ha cercato di entrare allo stadio per farsi esplodere in mezzo alla folla. Ma un agente di sicurezza, tale Zouheir, si è accorto che l’uomo portava un gilet esplosivo sotto il cappotto ed è riuscito ad allontanarlo [Stefano Montefiori, Cds 15/11]. L’attentatore quindi è scappato e ha corso lungo la Avenue Jules Rimet, la strada attorno allo stadio che in quel momento era semivuota. Si è avvicinato a un chiosco e ha azionato il detonatore, uccidendo l’unica persona che era accanto a lui: un barista portoghese di 62 anni [Fabio Tonacci, Rep 15/11].
Venerdì ore 21.25
Al Canal Saint-Martin, la zona parigina dei ristoranti e dei locali frequentati dai ragazzi e dalle giovani famiglie, una Seat Leon nera si ferma all’angolo tra rue Bichat e rue Alibert. Scende un uomo che spara raffiche di kalashnikov sui clienti del café Carillon seduti ai tavolini all’aperto, e poi su quelli del ristorante asiatico Le Petit Cambodge sull’altro lato della strada, dove «c’è sempre la fila fuori, lo sanno tutti che non accettano prenotazioni». Quindici i morti, dieci i feriti in condizioni disperate [Francesca Pierantozzi, Mes 15/11].
Venerdì ore 21.30
Una seconda esplosione scuote lo Stade de France, stavolta davanti alla porta H. Un altro terrorista si è appena fatto esplodere di fronte alla porta chiusa del negozio Decathlon, sotto la tribuna H, ferendo 25 persone, nessuna gravemente. Bley Mokono all’ospedale dirà poi: «Era un magrebino alto 1,70, sui 25 anni, con vestiti larghi e un mantello». A questo punto tutta l’area sotto i settori H, G e J, varchi compresi, viene chiusa e sgomberata dalla security, dalle radioline di servizio si lancia l’allarme. I servizi di sicurezza portano via Hollande e lo trasferiscono nei locali protetti del ministero dell’Interno [Fabio Tonacci, Rep 15/11].
Venerdì ore 21.32
Sempre nella zona del Canal Saint-Martin, in rue de la Fontaine au Roi, arriva un’altra Seat Leon nera dalla quale scendono due persone armate. «Avevano abiti costosi ed erano rasati, non avevano l’aspetto dei terroristi islamici con le barbe – racconterà poi un testimone –. Sembravano piuttosto degli spacciatori. Hanno sparato a bruciapelo a una coppia seduta in auto, ho visto la testa della donna colpita e sfigurata». In tutto esplodono un centinaio di colpi calibro 7,62. Per essere sicuri di prendere tutti i passanti cominciano a sparare prima ancora di girare l’angolo, mandano in frantumi la vetrina del ristorante sushi, e sparano anche quando ripartono: gli ultimi due proiettili finiscono nella vetrina della pasticceria all’angolo. Alla fine si contano cinque morti e otto feriti gravissimi tra i clienti del café Bonne Biére e quelli del ristorante italiano Casa Nostra lì accanto [Stefano Montefiori, Cds 15/11].
Venerdì ore 21.38
A rue de Charonne, una delle strade più frequentate dell’XI arrondissement, piena di locali, di nuovo una Seat Leon di colore nero arriva davanti al café La Belle Équipe. Scende un uomo con un kalashnikov Ak-47 che spara a raffica un centinaio di colpi sui clienti. Diciannove i morti, nove i feriti gravi [Stefano Montefiori, Cds 15/11].
Venerdì ore 21.43
Alla Brasserie Comptoir Voltaire, vicino a Place de la Nation, un uomo si siede a un tavolo all’aperto. Arriva la cameriera, si chiama Catherine. Invece di ordinare, il cliente si fa saltare in aria premendo il pulsante del gilet esplosivo. Catherine viene travolta, ferita gravemente all’addome e al petto. Non sarà mai in pericolo di vita [Stefano Montefiori, Cds 15/11].
Venerdì ore 21.47
Allo Stade de France, alla fine del primo tempo, un poliziotto scende negli spogliatoi e chiama in disparte i due allenatori e spiega loro sommariamente ciò che sta accadendo a Parigi, pregandoli di non dire niente ai giocatori. Si decide di procedere con la partita per non scatenare il panico tra gli 80mila spettatori. In campo tra i calciatori francesi c’è anche Lass Diarra, che gioca mentre poco lontano, nel cuore di Parigi, sua cugina Asta Diakite è stata uccisa nel corso degli altri attacchi terroristici [Stefano Montefiori, Cds 15/11].
Venerdì ore 21:49
Al Bataclan, una delle sale da concerto più note di Parigi, sta suonando la band californiana Eagles of Death Metal. Tutto esaurito, millecinquecento spettatori. Fuori, in boulevard Voltaire, arrivano due auto: nuovamente una Seat Leon nera e una Polo nera con la targa belga. Scendono tre uomini che fanno fuoco sugli uomini della sicurezza all’ingresso ed entrano nella sala. Gli Eagles of Death Metal sono alla sesta canzone e stanno cantando Kiss the Devil. Una strofa che dice così: «I meet the devil and this is his song». I tre uomini sparano sul pubblico che è di spalle, rivolto verso la band che suona. Hanno indossato dei passamontagna, prima di iniziare la strage. La gente si spinge in avanti terrorizzata e si ammassa vicino al palco. La band scappa, le luci si accendono sulla sala. I tre terroristi salgono sugli spalti. Uno di loro avverte: «Se qualcuno si muove, gli sparo». I tre terroristi parlano in francese, urlano e annunciano una vendetta per i raid aerei francesi in Siria. Alcuni spettatori tentano di prendere il loro cellulare, vengono giustiziati all’istante. Altri scoprono un’uscita di emergenza, escono sul piccolo passage Amelot. Un terrorista se ne accorge, si affaccia da una finestra per colpirli. Un piccolo gruppo sale in cima al teatro, nascondendosi nel sottotetto. Il giornalista di Le Monde, Daniel Psenny, abita affianco al Bataclan, riprende la fuga in un vicolo laterale. Si vede una donna appesa a un cornicione. «Aiutatemi, sono incinta». Un uomo trascina un ferito a terra [Anaïs Ginori, Rep 15/11]. Michael Dorio, fratello del batterista degli Eagles of Death Metal Julian, racconterà poi a Channel 2 di Atlanta: «Alla sesta canzone hanno sentito degli spari, un rumore molto più forte della musica. Si sono buttati a terra, hanno più sentito che visto, per via delle luci di palco. Sono scappati dalla porta nel retro e si sono rifugiati in una vicina stazione di polizia» [Simona Orlando, Mess 15/11]. Il Bataclan è un locale storico di Parigi. Qui hanno suonato Lou Reed, Jeff Buckley e Patty Smith. È a cinque minuti a piedi da Place de la République, in pieno centro. Sotto c’è la sala concerti con il palco, sopra un bar circolare. È poi un locale legato al mondo ebraico: i vecchi proprietari erano ebrei, ed era già stato al centro di minacce di gruppi legati all’islam radicale nel 2008 e nel 2009. In più, gli Eagles of Death Metal erano reduci da una tournée in Israele [Niccolò Zancan, Sta 15/11].
Venerdì ore 21.53
Al McDonald’s di La Plaine Saint-Denis, vicino allo stadio, un uomo si fa esplodere, senza provocare vittime [Stefano Montefiori, Cds 15/11].
Venerdì ore 22.45
Alle Stade de France il triplice fischio dell’arbitro decreta la fine della partita fra Francia e Germania. Ha vinto la Francia per 2 a 0: gol di Olivier Giroud al 46esimo e di André-Pierre Gignac all’86esimo. Gli spettatori non sono stati avvisati degli attentati per decisione della federazione calcistica francese. Il giornalista Joel Dreyfuss, che si trovava allo stadio assieme a sua moglie, ha raccontato di aver saputo degli attacchi solo a metà del secondo tempo grazie al messaggio di un amico. Dreyfuss ha comunque detto che sua moglie aveva notato che dopo l’intervallo alcuni spettatori del loro settore non erano tornati allo stadio. Secondo il giornalista del New York Times Sam Borden, la partita è trascorsa normalmente, con i tifosi che cantavano e i calciatori che giocavano come se niente fosse. Solo alla fine del secondo tempo si è sparsa la notizia che era successo qualcosa. Alcuni spettatori riescono a lasciare lo stadio senza troppa difficoltà. Fra loro c’è il procuratore italiano Oscar Damiani, che alla Gazzetta dello Sport racconterà poi: «Ci avevano detto che le porte erano chiuse, ma ne ho trovata una aperta e sono scappato via, non so come, ma ho avuto la fortuna di trovare un taxi e sono andato in albergo, mentre tutta Parigi era in preda alla pazzia. Per strada non c’era niente: né persone, né macchine». Nel frattempo, sugli spalti si crea una notevole confusione: la polizia ha cambiato all’ultimo i piani per fare uscire i tifosi dall’impianto, indirizzandoli verso due sole uscite. Molti si riversano sul terreno di gioco. La notizia degli attacchi si è ormai diffusa. L’evacuazione è durata qualche ora: alcuni spettatori cantano la Marsigliese mentre escono dallo stadio. I giocatori delle due squadre rimangono negli spogliatoi [il Post 15/11].
Sabato ore 00.00
All’Eliseo il presidente Hollande convoca un consiglio dei ministri straordinario e dichiara lo stato d’emergenza. Gli assembramenti sono vietati, fino a giovedì non saranno autorizzate manifestazioni. La Tour Eiffel è stata chiusa ai visitatori. I sindaci hanno facoltà di ordinare il coprifuoco in ogni momento, alle forze di polizia sono stati concessi poteri straordinari. L’ultima volta lo stato di emergenza era stato proclamato in Francia nel 2005 nel corso della rivolta delle banlieue nella periferia di Parigi [Renato Pezzini, Mes 15/11]. Intanto le forze speciali francesi ritrovano un passaporto siriano nella zona dello Stade de France, accanto al corpo di uno dei terroristi che si è fatto saltare in aria. Un documento che però, secondo gli 007 americani è falso. Il passaporto siriano ritrovato accanto al corpo riporta il nome di una persona, nata nel settembre 1990, «sconosciuta ai servizi segreti francesi», passata il 3 ottobre scorso dall’isola greca di Leros: registrata come profugo, riuscita a entrare in Francia con lo status di rifugiato. Sabato il viceministro greco Nikos Toskas dichiara che «il titolare del passaporto è stato registrato da noi in base alle regole dell’Unione Europea», che si tratti del kamikaze oppure no [Giusi Fasano, Cds 15/11].
Sabato ore 00.20
I reparti speciali irrompono nel Bataclan, dove i tre attentatori stanno ancora tenendo almeno un centinaio di persone in ostaggio. Uccidono un primo terrorista, gli altri due azionano i loro giubbetti e saltano in aria. Ci vorranno ore per portare via gli 89 cadaveri [Anais Ginori, Rep 15/11].
Sabato ore 3.00
La nazionale francese, che era rimasta negli spogliatoi dalla fine della partita, viene fatta uscire dallo stadio e riportata nel suo centro sportivo. La squadra tedesca deve ancora aspettare all’interno dello Stade de France perché le autorità temono che il loro pullman sia eccessivamente riconoscibile e possa essere un obiettivo sensibile.
Sabato ore 6.00
Dopo aver passato tutta la notte dormendo su materassi adagiati sul pavimento dello spogliatoio, i calciatori della nazionale tedesca lasciano lo Stade de France per andare al Charles De Gaulle. Un aereo li riporterà a Francoforte per le 10.
Sabato ore 8.00
Parigi e la Francia intera si svegliano con i militari in strada, poca gente in giro (la Prefettura invita a non uscire di casa) e molte saracinesche abbassate. Chiuse scuole e università, chiusi musei, cinema e teatri. Chiusa la Tour Eiffel. Chiusi i mercatini di Natale, i parchi di divertimento (Disneyland e Asterix), i grandi magazzini (Galéries Lafayette, Printemps, Bon Marché) e tantissimi negozi [Marco Moussanet, S24 15/11].
Sabato 8.30
Le Monde pubblica sul suo sito un video girato da Daniel Psenny, il suo giornalista quello che abita di fronte all’uscita secondaria del Bataclan. Il video mostra decine di persone che scappano di corsa dal teatro, ma anche alcuni corpi insanguinati stesi in terra, appena fuori dalla porta. Nel corso del video, che dura poco meno di tre minuti, si sentono anche diversi spari e vengono inquadrate alcune persone appese alle finestre del secondo piano del locale. Psenny ha anche raccontato che dopo averlo girato è sceso per strada per aiutare le persone che stavano scappando, e che in quel momento è stato colpito da un proiettile sparato secondo lui da una finestra del locale. Ecco cosa gli è successo dopo aver ricevuto il proiettile: «Non ricordo molto. Ho una specie di vuoto, ma ricordo che è stato come se un petardo mi esplodesse nel braccio sinistro, e che stavo sprizzando sangue. Credo che mi abbiano sparato da una finestra del Bataclan. Sono riuscito a scappare dai miei vicini al quarto piano. Con noi c’era anche un uomo che eravamo riusciti a far entrare, un americano. Aveva ricevuto un proiettile nella gamba. Vomitava, aveva freddo. Pensavamo che sarebbe morto. Abbiamo chiamato i soccorsi, ma non potevano farci uscire. Ho chiamato un mio amico dottore che mi ha spiegato come fare un laccio emostatico con la mia maglietta. Siamo rimasti bloccati in quell’appartamento fino al raid della polizia [LeMonde.fr 14/11].
Sabato 9.00
Si sono perse le tracce di una ragazza italiana, la veneziana Valeria Solesin, 28 anni, dottoranda all’Università Paris 1/a ed esperta in welfare e diritto femminile. Era al concerto degli Eagles of Death Metal al Bataclan con il fidanzato Andrea Ravagnani, trentino che da anni ha un negozio nella capitale francese, con la sorella di Andrea, Chiara, e con il fidanzato di lei, il veronese Stefano Peretti. Nel panico seguito ai primi spari, con centinaia di persone in fuga, la Solesin e il resto del gruppo si sarebbero persi di vista e di lei non si è saputo più nulla. «Non abbiamo nessuna notizia, sappiamo che non è nella lista dei deceduti – dice la mamma Luciana Milani –. Speriamo sia tra i feriti, ma la Farnesina ci dice che gli ospedali parigini sono blindati ed è difficile accedere alle informazioni» [Sta 15/11].
Sabato ore 9.30
Gli U2 cancellano il concerto che avrebbero dovuto tenere questa sera a Parigi.
Sabato 10.50
Dopo aver riunito all’Eliseo il consiglio di Difesa, il presidente francese François Hollande si rivolge al Paese con un messaggio televisivo e dice: «È un atto di guerra commesso da un’armata di terroristi, lo Stato islamico, contro un Paese libero. Un atto di guerra preparato, pianificato e organizzato all’esterno della Francia con complicità all’interno». Il presidente Hollande ha dichiarato lo stato di emergenza in Francia e ha annunciato un rafforzamento dei controlli ai confini. Ha decretato poi tre giorni di lutto nazionale (non era mai accaduto dalla fine della seconda guerra mondiale) e convocato Camera e Senato in seduta plenaria a Versailles per lunedì [Marco Moussanet, S24 15/11].
Sabato 11.30
Lo Stato islamico rivendica gli attentati di Parigi con un comunicato in arabo e in francese: «In un attacco benedetto da Allah, un gruppo di fedeli dei soldati del Califfato ha colpito la capitale dell’abominio e della perversione. Otto fratelli con cinture di esplosivo e fucili d’assalto hanno preso di mira lo stadio dove si svolgeva la partita tra i due Paesi crociati Francia e Germania, il Bataclan dove c’era una festa della perversione e altri obiettivi. La Francia e quelli che seguono la sua strada continueranno a sentire l’odore della morte per aver deciso di colpire i musulmani nella terra del Califfato con i loro aerei. Questo attacco non è che l’inizio della tempesta».
Sabato 12.00
Si scopre che la Polo nera utilizzata per arrivare al teatro Bataclan e poi lasciata lì davanti è stata affittata e immatricolata in Belgio. L’auto sarebbe stata noleggiata da un francese residente a Bruxelles fermato ieri mattina dalla polizia belga, in compagnia di altri due individui. All’interno, sono stati trovati biglietti di un parcheggio di Molenbeek, a Bruxelles. La polizia belga ha condotto diverse perquisizioni a Molenbeek e due persone sarebbero state fermate. Secondo gli inquirenti belgi «i terroristi potrebbero aver usato la Play Station 4 della Sony per comunicare tra loro perché è meno rintracciabile di WhatsApp». Lo scrive il sito di Forbes [Francesca Pierantozzi, Mes 15/11].
Sabato 16.30
«Riguardo a Parigi, sapete, hanno le leggi più severe al mondo sulle armi. Nessuno è armato, eccetto i cattivi. Nessuno ha delle armi, e i cattivi hanno sparato a loro ad uno a uno. E potete dire quello che volete, ma se la nostra gente avesse avuto delle armi, se fosse stato permesso loro di portarle, la situazione sarebbe stata molto, molto diversa» (Donald Trump nel corso di un comizio a Beaumont, in Texas).
Sabato 19.00
Il procuratore di Parigi, François Molins, ha ricostruito la carneficina e spiegato che l’attacco è stato condotto da sette terroristi organizzati in tre gruppi strettamente coordinati: il primo allo Stade de France, il secondo fra i locali del decimo e dell’undicesimo arrondissement, il terzo alla sala da concerto. L’assalto è durato in tutto 33 minuti e ha provocato 129 morti, 352 feriti, di cui 99 fino a questo momento in stato «di urgenza assoluta». Tutti i bossoli ritrovati sono calibro 7,62. Dei sette terroristi, sei si sono fatti saltare in aria e uno è stato eliminato durante l’assalto delle teste di cuoio al Bataclan [Marco Moussanet, S24 15/11]. Al momento si sa che la maggioranza delle vittime sono francesi, ma negli attacchi sono morti anche tre cittadini belgi, uno spagnolo, due portoghesi, due rumeni, un inglese, due tunisini, tre cileni, un americano, due algerini, un marocchino, due messicani e probabilmente uno svedese [Alberto Mattioli, Sta 15/11].
Domenica mattina
Si viene a sapere che è stato identificato uno dei tre terroristi che hanno compiuto l’assalto al teatro Bataclan. È un 29enne francese nato a Courcouronnes, Essonne, di origini algerine, si chiama Ismael Omar Mostefai. Nato il 21 novembre 1985 alla periferia di Parigi, viveva a Chartres fino al 2012. Aveva otto condanne per reati non gravi tra il 2004 e il 2010 ma non era mai stato incarcerato. Su di lui dal 2010 la Direzione generale per la sicurezza interna (Direction générale de la sécurité intérieure) aveva una scheda di tipo S per radicalismo, cioè di persona sospettata, come i fratelli Kouachi e Amedi Coulibaly, gli attentatori di gennaio. È stato possibile compiere l’identificazione grazie alle impronte digitali prese da un dito, l’unica parte rimasta intatta dopo l’esplosione. Gli inquirenti francesi hanno perquisito casa sua a Romilly-sur-Seine, a est della capitale francese, e hanno arrestato sei membri della sua famiglia, tra cui il padre e il fratello. I sei si trovano sotto custodia nel quartier generale dell’antiterrorismo francese a Levallois-Perret, nella citta urbana di Parigi, a nord-est del Bois de Boulogne [Valentina Santarpia, Corriere.it 15/11].
[**Video_box_2**]Domenica 9.30
Ritrovata a Montreuil, poco fuori Parigi, la Seat Leon nera utilizzata dai terroristi venerdì sera: era stata notata davanti al caffè Le Carillon e al ristorante Le Petit Cambodge, vicino al caffè Bonne Bière e nei pressi della Belle Equipe, zone teatro delle sparatorie. All’interno della vettura sono stati trovati tre kalashnikov, cinque caricatori pieni e 11 vuoti, impronte digitali. Ciò rende più probabile l’ipotesi che un gruppo di attentatori sia riuscito a fuggire [Valentina Santarpia, Corriere.it 15/11].
Domenica ore 11.00
L’ambasciatore italiano a Parigi, Giandomenico Magliano, e il console generale Andrea Cavallari, arrivano a place Mazas dove si trova l’obitorio: lì si trova la salma di Valeria Solesin, la ragazza 28enne dispersa dopo l’attacco al teatro Bataclan a Parigi. «Mi pare di capire che sia morta già venerdì», dice all’agenzia Adnkronos il padre della studentessa veneziana. «Non abbiamo avuto nessuna notizia dalla Farnesina – ha aggiunto il padre di Valeria – ma lo abbiamo appreso attraverso il fidanzato e gli amici che hanno seguito la vicenda lì a Parigi».
Domenica ore 12.00
Papa Francesco, durante la recita dell’Angelus in piazza San Pietro: «Utilizzare il nome di Dio per giustificare la strada della violenza e dell’odio è una bestemmia».
Domenica ore 12.30
Il primo ministro francese Manuel Valls dice che 103 delle 129 vittime confermate degli attacchi sono state identificate. Circa 20-30 corpi non hanno ancora un nome.
Domenica ore 16.00
Sono stati identificati altri due terroristi del commando dei sette che ha fatto strage a Parigi. Si tratta di due francesi, entrambi residenti a Bruxelles (uno a Molenbeek), le cui identità non «verranno rivelate nell’interesse dell’inchiesta». Sono cinque al momento le persone arrestate nel comune della cintura di Bruxelles, Molenbeek-Saint-Jean. Uno dei due uomini fermati nei pressi del metro di Osseghem, sarebbe il fratello dell’uomo che aveva noleggiato l’auto in Belgio, abbandonata davanti al Bataclan.
Domenica ore 17.00
Migliaia di persone manifestazione a Place de la République a Parigi per commemorare le vittime delle stragi.
Domenica ore 18.08
La polizia francese diffonde via Twitter il nome, la foto e le generalità di una persona ricercata perché coinvolta negli attentati. Si chiama Abdeslam Salah ed è nato a Bruxelles in Belgio il 15 settembre 1989. Sarebbe l’ottavo uomo che ha preso parte agli attentati di venerdì. L’agenzia di stampa Afp, riportando fonti di sicurezza francesi, parla di tre fratelli: uno è morto nell’attacco al ristorante di Boulevard Voltaire; uno è stato arrestato dalla polizia belga; il terzo, Abdelslam Salah, è in fuga. È sfuggito a un controllo alla frontiera franco-belga alle 8 del mattino di sabato. La polizia avrebbe lasciato andare l’auto a Cambrai poiché la segnalazione dell’uomo non era ancora attiva.
Domenica ore 19.00
Un falso allarme scatena scene di panico a place de la Republique: persone in fuga, fiori, candele e biglietti per le persone morte calpestate dalla folla. La polizia sgombra la piazza e dopo qualche minuto torna la calma.
Domenica ore 19.45
Si aggrava il bilancio: sono morti tre dei feriti ricoverati in ospedale. Il numero provvisorio ora è di 132 vittime.
(a cura di Luca D’Ammando)