Ora Merkel ci ripensa sui rifugiati
Per la prima volta dall’inizio della crisi dei rifugiati, Angela Merkel ha implicitamente minacciato la fine dell’Europa senza frontiere, se non si farà un sistema obbligatorio di quote di richiedenti asilo da ripartire tra gli stati membri. “La volontà di sottoscrivere un meccanismo di ricollocazione permanente non è una cosa futile: è legata alla questione se possiamo o meno mantenere Schengen nel lungo periodo”, ha detto la cancelliera giovedì davanti al Bundestag. Più che ai suoi parlamentari, il messaggio di Merkel era indirizzato alla Francia. Il giorno prima, Manuel Valls aveva dichiarato che l’Ue non può “più accogliere altri rifugiati” perché altrimenti “i popoli diranno: basta Europa”. Per il premier francese, la colpa è della Germania.
“Non è la Francia che ha detto: venite!”. La rottura franco-tedesca sui rifugiati è grave: molto più del terrorismo, sono i migranti a far tremare le fondamenta dell’Ue e a ridisegnarne le alleanze. La Germania mostra la sua solidarietà alla Francia con l’invio di Tornado in Siria, ma Parigi si rifiuta di accondiscendere alla politica delle porte aperte voluta da Merkel. Solo 30 mila richiedenti asilo saranno accettati dalla Francia, che si oppone al meccanismo di ricollocazione permanente. In un vertice domenica, i leader Ue firmeranno un assegno da 3 miliardi di euro intestato al presidente turco Recep Tayyip Erdogan per convincerlo a tenersi i profughi sul suo territorio. La scommessa è disperata e rischiosa, vista l’imprevedibilità del leader turco. Se fallirà, è già pronta una mini-Schengen tra Germania, Austria, Benelux e Svezia, senza i paesi con frontiere porose come Italia e Grecia. Sarebbe l’inizio della grande retromarcia dell’integrazione europea.
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