Esercizi di stile nello Studio Ovale
Il terrorismo è entrato in una “nuova fase”, ha detto Barack Obama dallo Studio Ovale, in un raro sfoggio di gravitas presidenziale pensato per rassicurare l’America. Il fatto che poi abbia detto che per sconfiggere la nuova fase basta la vecchia strategia, e non abbia annunciato un singolo provvedimento o un cambio di direzione nella lotta, ha reso l’annuncio domenicale un bersaglio facile per i suoi critici. Rassicurare il paese dopo il massacro di 14 persone compiuto da una coppia che ha giurato fedeltà ad al Baghdadi spiegando che l’America è sulla strada giusta per sconfiggere lo Stato islamico non ha l’aria di una strategia comunicativa convincente. Obama ha reiterato la sua implicita convinzione in materia di antiterrorismo: la strategia è giusta, il problema è soltanto l’esecuzione. Per questo ha insistito sui richiami all’unità, alla coesione di intenti e azioni, a tutti i livelli, dalla coalizione internazionale che combatte lo Stato islamico con i bombardamenti e le forze speciali fino ai rappresentanti dei litigiosi partiti al Congresso, chiamati a votare leggi per rendere più efficaci gli attacchi al Califfato e per ridurre la diffusione delle armi da fuoco sul suolo americano. Nel merito, l’idea di impedire la vendita di armi agli americani che compaiono nella no fly list è una bizzarria venduta come esercizio minimo di senso comune. Nella no fly list ci sono 280 mila persone selezionate con metodi non proprio trasparenti, migliaia sono lì per errore o per casi di omonimia complicati da sciogliere, ci sono perfino una settantina di impiegati del dipartimento della Sicurezza nazionale.
Quel che importa di più, però, è che in quella lista non c’erano gli attentatori di San Bernardino, ma nemmeno quelli di Garland e di Chattanooga, non c’era il maggiore che ha ucciso tredici persone nella base di Fort Hood e non c’erano i fratelli che hanno fatto esplodere bombe fatte in casa all’arrivo della maratona di Boston. La falla più grande nel ragionamento di Obama rimane quella di metodo, che poi è la sostanza politica e strategica del suo operato: lo Stato islamico, dice, si combatte esattamente come stiamo facendo, soltanto ci vogliono più convinzione e precisione, altro che boots on the ground, che è quello che il Califfato vuole per continuare a giustificare la sua violenza. Occorre poi accettare il fatto che l’America non è in guerra con l’islam ma con una banda di criminali in cerca di potere. John Kerry, imam improvvisato, li ha personalmente dichiarati “apostati”. Ci si occupi dunque del “gun control” e si proceda su una strategia che, com’è evidente a tutti, sta dando ottimi frutti, ha detto Obama all’America intera, incluse le famiglie delle vittime di San Bernardino, alle quali gli ottimi frutti forse non sono tanto evidenti.