Libia, faster please
Le Nazioni Unite hanno fissato mercoledì 16 dicembre come data dell’accordo tra fazioni libiche per la formazione di un governo di unità nazionale. Se davvero arrivasse la firma, allora sarebbe un evento decisivo per il futuro del paese perché comincerebbe il conto alla rovescia per un’iniziativa comune contro lo Stato islamico, con l’aiuto e forse con l’intervento diretto della comunità internazionale. Sarebbe anche una vittoria diplomatica per l’Italia, che a Roma ha creato la cornice ideale con due incontri internazionali – uno di seguito all’altro – in cui tutti i governi con il potere di influenzare gli eventi in Libia si sono visti faccia a faccia e hanno trattato con discrezione. Si è trattato di uno sforzo massiccio, guidato da un negoziatore nuovo di zecca, il tedesco Kobler, in sostituzione dell’iberico Leon, che dai negoziati intricati non ha ricavato nulla – tranne un ingaggio faraonico negli Emirati, per lui solo.
Non dire accordo libico, però, se non l’hai nel sacco. In quest’ultimo anno di negoziati la data della stretta di mano finale è già stata fissata quattro volte e quattro volte poi disattesa. E lo Stato islamico non rispetta i ritmi languidi della diplomazia internazionale: due giorni per la seconda volta ha fatto un’esibizione di forza a Sabratha, città libica tra la capitale Tripoli e il confine tunisino. Non è stata una conquista completa, come apparso sulle news, ma il gruppo infesta la zona in forze ed è pericoloso anche in versione clandestina. Sabratha è tenuta d’occhio con particolare attenzione dall’Italia, che in quella zona ha anche inviato con molta discrezione alcuni uomini delle Forze speciali a raccogliere informazioni di prima mano.