Il tassatore globale
Intervistato da “Newsnight”, trasmissione della Bbc britannica, Thomas Piketty ha cominciato dicendo che il grande merito del suo libro – “Il capitale nel XXI secolo” – è quello di democratizzare lo studio dell’economia: le persone vogliono dotarsi di strumenti per formarsi un’opinione economica, e cosa c’è di meglio di un tomo di quasi mille pagine, con grafici, dati e progressioni storiche, addolcito di tanto in tanto da un riferimento a Jane Austen o agli Aristogatti? Piketty, l’economista globale orgoglioso del suo forte accento francese, è in missione per salvare il mondo, e sta creando un’armata di neokeynesiani come lui per vincere la battaglia. In questi giorni, Piketty sta vivendo una nuova stagione d’oro, da quando i dati hanno rivelato che la middle class americana si è drammaticamente ristretta, e l’economista si è rimesso a dire “io l’avevo detto”, aggiungendo la sua soluzione al problema (tasse, tasse, tasse).
Così nel Regno Unito, dove Piketty è stato contestato nel merito dei dati utilizzati (il Financial Times lo ha criticato puntiglioso, ma poi gli ha conferito il premio di libro dell’anno, e allora lui oggi dice ridacchiando “sono un po’ confuso”), il suo pensiero sta avendo gran successo, anche se la middle class britannica non sta poi così male, ma la diseguaglianza si porta moltissimo, e lui eccita la sinistra radicale, denunciando “il fallimento del Labour di Tony Blair”, facendo il consulente del nuovo Labour (che è vecchissimo) e ammettendo: “Se fossi inglese, voterei Jeremy Corbyn”, il leader del Labour che promette nazionalizzazioni, e che ha come principale consulente economico l’autore di un libro che s’intitola “Joy of Tax”.