Quel poco che si può fare sulle armi
A dicembre la vendita di armi in California è stata la più alta di tutto il 2015: se si guarda il grafico pubblicato dal New York Times – quel New York Times che per la prima volta da quasi un secolo ha messo un editoriale in prima pagina: contro le armi – si vede che dopo l’attentato a San Bernardino sono state vendute più armi che nel resto del mese. Il trend di vendita è sempre verso l’alto, nonostante Barack Obama abbia fatto del “gun control” una delle sue battaglie personali più sentite (martedì ha fatto un altro discorso di quelli che ti rapiscono e non ti lasciano più, le pause, le lacrime, i diritti, i figli, il futuro, ispirazione obamiana al suo meglio – sospiro): secondo le stime il 2015 è stato un anno da record di vendite. Dopo aver consultato il procuratore generale, Obama ha annunciato nuove “executive actions” declinate in dieci punti, bypassando il Congresso: un maggior controllo delle licenze, dei negozi di armi, delle armi denunciate, di quelle perse e di quelle rubate (“si può fare con l’iPad e non con le armi”), con un aumento del 50 per cento di agenti federali dedicati al controllo (230 agenti in più).
Tutti i media dicono, senza troppe ipocrisie, che l’impatto di queste misure non sarà alto, e anche Obama ha detto che certi cambiamenti non avvengono da un giorno all’altro, bisogna saper attendere. Lui ha atteso parecchio, forse troppo, per far sì che le regole esistenti fossero almeno applicate. Il Congresso si può ancora opporre, ma quel che lo stesso Obama deve ammettere è che, ancora una volta, la cultura delle armi, negli Stati Uniti, non è cambiata e non soltanto per la mancanza di volontà del Congresso (a maggioranza repubblicana).