Perché la minaccia atomica dei Kim è il trailer del deal con l'Iran
Roma. A luglio il presidente americano Barack Obama disse che il deal con l’Iran per congelare il programma militare nucleare poteva diventare un modello anche per un negoziato, e forse un accordo di pace, con la Corea del nord. La Corea rispose subito di non essere interessata. Oggi, dopo il test atomico ordinato da Pyongyang, gli osservatori si chiedono se non ci sia il rischio che si verifichi l’opposto: ovvero che l’Iran s’ispiri al modello coreano, fatto di negoziati tortuosi trascinati per anni, promesse diplomatiche tradite e verifiche in loco troppo difficili da effettuare, fino ad arrivare al traguardo dell’arma nucleare. Gli osservatori si chiedono: se anche l’America mostra insicurezza sulla natura dell’arma nucleare che è stata sperimentata in Corea, come farà a controllare che l’Iran non stia lavorando con discrezione alla costruzione della sua Bomba?
Le posizioni oscillano tra due estremi. George Perkovich del think tank Carnegie ha scritto l’aprile scorso un piccolo saggio per spiegare perché il deal con l’Iran non è il deal con la Corea del nord – e quindi non è destinato a fallire – e assicura che l’Iran sarà molto più sorvegliato perché l’accordo prevede numerose misure di sorveglianza e un protocollo ben definito, ma include tra le ragioni per stare tranquilli anche il fatto che il programma nucleare iraniano è stato violato da intelligence straniere, soprattutto quella di Israele, e che invece il programma nucleare della Corea del nord non è stato violato. Insomma: l’Iran farebbe meno paura della Corea perché il deal ufficiale è accompagnato da una guerra d’intelligence sotterranea.
Bruce Klingner, che si occupa di questioni asiatiche per la Heritage Foundation, dice che in entrambi i casi, Iran e Corea, i precedenti non lasciano sperare bene perché c’è la stessa sequenza di frodi per evitare i controlli e non c’è reazione alle violazioni. “Gli esperti all’inizio respinsero i rapporti d’intelligence sul programma militare coreano con il plutonio, sul programma militare con l’uranio, sulla complicità nel caso del reattore siriano”, ma erano rapporti veri. “Così, dopo decenni di discussioni sull’Iran, gli esperti dicono che l’intelligence riuscirà a scoprire le violazioni iraniane e se è il caso a imporre ai politici il ritorno delle sanzioni, in meno di un anno”.
[**Video_box_2**]Ilan Berman, del think tank American Foreign Policy Council di Washington, sostiene che la Corea del nord ha tracciato il solco che l’Iran seguirà per arrivare all’arma nucleare. Non soltanto in senso metaforico, cominciando un duello tattico e dilatorio per guadagnare tempo e lavorare al programma atomico, ma anche in senso materiale: la collaborazione tecnologica tra Iran e Corea del nord è stretta, i dati dei “test nucleari coreani sono sempre stati passati agli iraniani, una delegazione iraniana era presente al penultimo test nel febbraio 2013. Tecnici vanno e vengono tra i due paesi”. Le concessioni e i negoziati – scrive Berman – hanno rafforzato e stabilizzato il regime nordcoreano, anche l’Iran farà così.