Generazione sottozero
"I ragazzi della mia età hanno sempre vissuto con una situazione economica cattiva. Dire semplicemente qualcosa non è abbastanza. Abbiamo visto diversi governi giapponesi fallire nel rivitalizzare l’economia, fallire nel fermare la deflazione, fallire nel migliorare le prospettive lavorative delle donne”. Yusuke Hamada ha da poco vent’anni e rinnega uno stato ipocrita, usurpatore di sogni. Il Financial Times, in una lunga inchiesta sulla “generazione deflazione”, l’ha intercettata insieme a una dozzina di coetanei alla cerimonia del seijin shiki, una giornata festiva che celebra il raggiungimento della maggiore età (20 anni in Giappone).
La storia di Yusuke è comune tra i nati nel 1995-1996. Hanno sentito parlare solo della deflazione, spirale di prezzi negativi, bassi salari e consumi depressi che attanaglia il “gigante addormentato” da un ventennio; il “loro” ventennio. L’andamento lento dell’economia, le modeste aspettative di aumento salariale, la difficoltà nel trovare impiego nelle poche grandi corporation para-pubbliche (il 99 per cento delle aziende nipponiche sono di piccole e medie dimensioni) hanno azzerato le speranze. L’economia, in fondo, plasma le menti: è regolatore occulto delle ambizioni individuali. I genitori di Yusuke hanno vissuto il “boom” degli anni Ottanta e, dice lei, erano un “po’ pazzi”. Lei invece è pragmatica, risparmia e non rischia. I ragazzi cercano brevi momenti di felicità anziché coltivare grandi sogni, mettono da parte anziché investire. Nell’Europa che balla sul filo della deflazione viene da chiedersi se la “generazione sottozero” farà capolino pure qui.