L'ossessione per la diversity
A leggere i media liberal, l’America ha un gigantesco problema di diversity – di assenza di diversity, per meglio dire. Il termine, scolpito su pietra nelle tavole del politicamente corretto, implica soppesare con il bilancino la presenza di tutte le minoranze o quante più possibile all’interno di un consiglio di amministrazione, di un’organizzazione, di un’istituzione, di un governo. Pubblico o privato, piccolo o grande, nessuno si può esimere dal perseguire l’obiettivo perfetto della diversity, dosando attentamente gli ingredienti di genere, inclinazione sessuale, etnia. Hollywood, dove è appena stato pubblicato l’elenco delle nomination agli Oscar, ha un problema di diversity perché tra i nominati quasi non ci sono persone di colore. Le università hanno un problema di diversity. I media hanno un problema di diversity. Ma soprattutto, la Silicon Valley ha un problema di diversity.
Il più innovativo distretto d’America, la fabbrica dei sogni tecnologici del mondo, per i critici in realtà è un club di ingegneri maschi e bianchi, che più o meno inconsapevolmente impedisce alle donne e alle minoranze di farsi strada. Ogni compagnia della Valley ha avuto il suo piccolo scandalo. La questione della diversity dentro Facebook è scoppiata lo scorso ottobre. Il mese dopo, in seguito alla “denuncia” di un manager, tutti strillavano che mancava diversity dentro a Twitter. Per rispondere molte società tech da due anni pubblicano dei report appositamente dedicati a come hanno favorito la diversity. E certo, la Silicon Valley (e non solo) è piuttosto omogenea al suo interno. Ma è perfetta in questo senso la risposta data dal bianchissimo e quasi interamente maschile consiglio di amministrazione di Apple alle proteste di un investitore che chiedeva più diversity nell’azienda: le critiche sono “un peso eccessivo e non necessario”. I membri del board di Apple esplicitamente dicevano: facciamo abbastanza per la diversity, ed elencavano alcune iniziative in questo senso. Ma il sottotesto di una risposta così dura è sembrato chiaro a tutti: siamo una delle compagnie di maggior successo al mondo, e questa è una prova di meritocrazia che va oltre ogni richiamo alla diversity. Basta chiacchiere, lasciateci lavorare.