Le guerre discrete del Pentagono
Trucchi per minimizzare la presenza a Baghdad. E la missione in Libia?
Notizie dai fronti di guerra dell’Amministrazione Obama, in Afghanistan e in Iraq. Il Daily Beast scrive che il numero di americani impegnati nella guerra allo Stato islamico sul versante iracheno non è 3.700, come dice a bassa voce il Pentagono, ma è attorno ai seimila, perché ci sono da contare altri militari e almeno un migliaio di contractor alle dipendenze della Difesa – che sono cittadini americani a tutti gli effetti, soprattutto quando vengono rapiti a Baghdad come è successo a tre di loro due settimane fa. Dunque, la cifra è incerta e si sa soltanto che aumenterà. Stesso discorso vale per l’Afghanistan, dove la presenza americana sfiora le ventimila unità – anche se il Pentagono ne dichiara ufficialmente la metà. Due giorni fa il Wall Street Journal spiegava che gli americani in Afghanistan hanno regole d’ingaggio molto severe per non rovinare la possibilità ipotetica di negoziati con i talebani, per l’orrore dei colleghi afghani – che non si capacitano di tanta moderazione mentre in alcuni distretti resistono in stato d’assedio.
Il New York Times infine spiega che l’Amministrazione il mese scorso ha cambiato le regole d’ingaggio sullo Stato islamico in Afghanistan. Prima i raid dei commando e i bombardamenti mirati potevano colpire soltanto bersagli collegati ad al Qaida – il gruppo jihadista rivale – ora possono anche colpire lo Stato islamico, che chissà perché era stato lasciato fuori dalla lista dei pericoli, a dispetto del fatto che tutti ne abbiano segnalato le operazioni afghane. Ricordate due campagne elettorali fa, quando il senatore Obama prometteva il ritiro dell’America? Ieri Kerry alla Farnesina ha detto che l’Italia nella lotta allo Stato islamico “è stata grandiosa” anche “per il suo ruolo di leadership in Libia nel processo di formazione del governo”. Ecco, la Libia è un altro posto dove tocca andare contro lo Stato islamico, magari assieme a un’Amministrazione americana meno riluttante e leading from behind ma non troppo.
L'editoriale dell'elefantino