Erdogan alla prova
II coinvolgimento della Nato nel Mar Egeo per contrastare i trafficanti di esseri umani, quelli che promettono ai migranti della Turchia un ponte verso l’Europa, con le tragedie che sappiamo, è una buona notizia da un punto di vista umanitario. Che l’alleanza atlantica si assuma almeno una parte del carico di una crisi che l’Unione europea non vuole affrontare adeguatamente è responsabile e doveroso. Certo, le navi da guerra non potranno controllare i flussi dei migranti, come ha spiegato ieri il segretario generale, Jens Stoltenberg, ma la deterrenza può aggiungere un fattore nuovo in un’equazione fin qui irrisolta. Il nodo politico rimane legato a Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco che ieri ha nuovamente denunciato le “politiche occidentali” sulla crisi dei rifugiati e ha ripetuto la minaccia che fa sudare freddo le cancellerie europee: inviare i rifugiati che sono nel paese – in tutto circa tre milioni – verso l’Europa, trasformando così una crisi in una leva politica vantaggiosa.
“Non abbiamo scritto ‘idiota’ in fronte. Saremo pazienti ma faremo quel che dobbiamo fare. Non pensate che gli aerei e gli autobus siano qui per niente”, ha detto Erdogan, confermando il suo messaggio all’Europa: “Apriremo le porte e diremo addio ai migranti”. Il coinvolgimento della Nato nell’Egeo mette alla prova intenzioni e scopi di Erdogan, in perenne attrito con le politiche occidentali. E il test si farebbe ancora più stringente se l’alleanza atlantica, di cui la Turchia è membro storico, si risolvesse ad entrare nella coalizione contro lo Stato islamico, ipotesi ventilata ieri dal segretario della Difesa americana, Ash Carter, a Bruxelles.
L'editoriale dell'elefantino