L'ora del cessate il fuoco in Siria?
Russia in testa e America a seguire annunciano un cessate il fuoco in Siria, anzi una “cessazione delle ostilità”, che è una formula meno impegnativa e che può preludere a un cessate il fuoco entro una settimana. L’ultima iniziativa diplomatica, l’incontro a Ginevra di due settimane fa, è finito nel nulla perché nel frattempo miliziani libanesi, iracheni, iraniani, pachistani e afghani – coperti dall’implacabile aviazione russa – hanno vinto l’offensiva più importante di questi cinque anni di violenze e hanno circondato Aleppo in nome del presidente Bashar el Assad (c’erano anche soldati siriani). A voler prendere sul serio la dichiarazione di Kerry e Lavrov, ci sono alcune domande da farsi. Chi obbedirà davvero a questo cessate il fuoco? L’opposizione è uno spezzatino di gruppi che non si coordinano tra loro, e alcuni sono legati ad al Qaida, come potranno implementare una cessazione delle ostilità?
I gruppi ribelli che hanno ottenuto l’invito ai talks di Ginevra – chiamiamoli “i presentabili” – dicono che non ci sarà un cessate il fuoco se Assad resta al suo posto. Il presidente siriano ha risposto con un’intervista all’Associated Press in cui dice che l’obiettivo della guerra è “riprendere tutta la Siria e che ci vorrà molto tempo” e respinge le accuse di crimini di guerra mosse dalle Nazioni Unite. Dalla cessazione delle ostilità sono ovviamente esclusi i gruppi sulla lista nera del terrorismo, lo Stato islamico e Jabhat al Nusra, ma anche questa clausola all’apparenza ovvia nasconde un inganno: la Russia non ha mai dichiarato bombardamenti contro i gruppi ribelli che si oppongono ad Assad, ma sempre e soltanto contro “i terroristi”. Gli aerei di Mosca continueranno a bombardare tutti come hanno fatto a partire dal 30 settembre? L’esclusione dei terroristi dal cessate il fuoco equivale a un riconoscimento che non tutti i gruppi sono “terroristi”? Soprattutto: è l’ennesimo annuncio che vale meno di zero rispetto ai fatti sul terreno, gli unici a decidere la guerra?