Cameron argina il boicottaggio d'Israele
Consigli locali, enti e funzionari pubblici e associazioni universitarie non potranno boicottare aziende “non etiche”, come parte di un giro di vite annunciato dal governo di David Cameron. Una norma voluta per cercare di arginare il boicottaggio di Israele che straripa ormai nel Regno Unito. Per i critici della legge, che vanno dal laburista Jeremy Corbyn ad Amnesty International, è un “attacco grave alle libertà democratiche”. Nel 2014 il Leicester Council ha approvato il boicottaggio delle merci prodotte negli insediamenti israeliani. Anche quattro consigli scozzesi hanno deciso di boicottare i prodotti israeliani: Clackmannanshire, Midlothian, Stirling e West Dunbartonshire. La decisione di Cameron è giusta, perché non va a incidere sulla libertà di dibattere o meno delle politiche israeliane, ma sanziona un pregiudizio operativo e sempre più diffuso che colpisce soltanto lo stato ebraico fra le duecento contese territoriali che ci sono in giro per il mondo, dal Sahara occidentale al Tibet.
Assieme al suo più stretto alleato politico, il cancelliere dello Scacchiere George Osborne (che ha trascorso il Natale con la sua famiglia in Israele, tra cui una visita privata alla residenza del premier Benjamin Netanyahu), Cameron aveva già fatto più di qualsiasi altro capo di stato europeo per tenere in piedi le sanzioni contro l’Iran. Adesso arriva la decisione di mettere un freno al boicottaggio dello stato ebraico. In un paese, va ricordato, che registra l’opinione pubblica con il più alto tasso di antisionismo, dalle sue classi dirigenti outspoken alle aule universitarie che fabbricano appelli antisraeliani.