Jesse Hughes, leader degli Eagles of Death Metal (foto LaPresse)

Un americano e i cattivi al Bataclan

Redazione
La star degli Eagles of Death Metal elogia le armi che avrebbero evitato la strage. “Non posso permettere che i cattivi l’abbiano vinta”, dice Hugues, alla tv francese iTélé. “La legge francese che limita le armi ha forse fermato la morte di una sola f… a persona al Bataclan? Se qualcuno può affermarlo lo ascolterò, ma io non ci credo”.

Qualche anno fa, per spiegare e un po’ giustificare, la ritrosia degli americani nel rinunciare alle armi e al secondo emendamento, il grande scrittore Tom Wolfe disse: “Le armi hanno un’importanza essenziale nella loro visione del mondo. Amano la caccia e le loro armi, e credono, forse a ragione, che il solo modo per insegnare a un ragazzo come uccidere homines loquaces in battaglia è quello di portarlo a cacciare gli animali”. E’ quello che ha detto, in maniera meno poetica ma con la stessa efficacia, con la voce rotta dal pianto, Jesse Hughes, il leader degli Eagles of Death Metal, la band californiana che suonava al Bataclan al momento dell’attacco dell’Isis il 13 novembre. “Non posso permettere che i cattivi l’abbiano vinta”, dice Hugues, alla tv francese iTélé. “La legge francese che limita le armi ha forse fermato la morte di una sola f… a persona al Bataclan? Se qualcuno può affermarlo lo ascolterò, ma io non ci credo”, ha spiegato Hughes. “So che molte persone non saranno d’accordo con me ma le armi possono rendere le persone uguali, o almeno così avrebbe potuto essere quella notte. Finché più nessuno avrà una pistola, tutti dovrebbero averne una. Perché non ho mai visto morire una persona che aveva una pistola, e voglio che tutti possano averne una. Ho visto morire persone che forse avrebbero potuto vivere”. E ancora: “Credo che l’unica cosa che sarebbe servita sarebbero state delle persone coraggiosissime che si fossero buttate verso la morte con delle armi in pugno”.

 

Il volto della giornalista di iTélé diceva tutto dello smarrimento europeo di fronte a questa cultura americana impersonata anche dal compianto Antonin Scalia, il magistrato che alla Corte Suprema difese sempre il diritto di portare armi. Perché in America il possesso di un fucile non è il prodotto di una cultura bullista, piuttosto è collegato al principio intangibile della libertà personale garantito dalla Costituzione in vigore da tre secoli. Ci parla dello stato dal quale i cittadini non si abbeverano per cercare protezione e felicità, di un senso del sacro che affiora in tutto il suo tragico e insolubile paradosso, del terrore che è una spia della fragile umanità, del male che esiste e che fa parte di noi, dello studente che a Columbine fece strage di angeli come dei jihadisti dell’Isis che hanno sterminato altri angeli in un teatro parigino in nome del Profeta. Il fatto che in Europa la gente comune fosse “disarmata” era visto da molti Padri Fondatori americani, tra cui Benjamin Franklin, come un “segno di sottomissione”. Al Bataclan, lo Stato islamico ha celebrato la sua di soumission. E il cantante degli Eagles, con la sua barba folta, la voce arrochita e una cultura da middle America, ci ricorda che il male o lo combatti o ti distrugge.