Una road map per la Siria
Il dittatore siriano Assad ha parlato al telefono con il suo alleato, il presidente russo Putin, e gli ha garantito che il cessate il fuoco in Siria che deve partire da domani sarà rispettato.
Da giorni, da quando cioè Putin al telefono con il presidente americano Obama ha accettato l’ipotesi di una cessazione delle ostilità, circolano molti dubbi sulla volontà di Mosca di dar seguito all’accordo. I giornali americani hanno raccontato che sia la Cia sia il capo di stato maggiore sono convinti che i russi non abbiano intenzione – né interesse – a rispettare il cessate il fuoco, e comunque hanno utilizzato questa settimana di tempo non tanto per organizzare la tregua, quanto per completare il più possibile il lavoro, soprattutto a nord di Aleppo.
[**Video_box_2**]Il ministro degli Esteri Lavrov ribalta la prospettiva e dice che tutto quel che ha sentito a Washington e nelle capitali alleate di Washington fa pensare “che non si stia parlando di pace, ma di guerra”. Il presagio è appesantito dalla dichiarazione da parte di Damasco di elezioni parlamentari il prossimo 13 aprile. Ricapitolando: la peggiore guerra civile del medio oriente dovrebbe fermarsi sabato e poi un mese e mezzo dopo i siriani dovrebbero mettersi in fila ai seggi per formare un nuovo Parlamento.
L’agenda degli appuntamenti fissata tra Mosca, Damasco e Washington sembra un esercizio di magia, e basta poco perché si arrivi alla mestizia dei clown. La Siria, questo paese inchiodato all’orrore, meriterebbe una road map più concreta e specifica. Per esempio, perché Daraya, il sobborgo della capitale devastato dai bombardamenti, è escluso già da adesso dalla tregua?
L'editoriale dell'elefantino