Obama e Bibi si evitano ancora un po'
Ecco un’altra crisi coniugale tra Israele e America. Netanyahu si preparava a un viaggio a Washington, Obama doveva andare negli stessi giorni a Cuba per la storica visita, non c’era modo di incastrare un appuntamento nelle due agende, Bibi ha annunciato che starà a casa, con una scusa buona per ogni tempo: meglio non interferire con la politica americana sotto elezioni. Proprio ora che il medio oriente in cui Israele è incastonato sta bruciando, proprio ora che la situazione è tesa ai suoi confini e tesa dentro i suoi confini, proprio ora che stanno accadendo cose che fino a martedì erano impensabili – vedi gli aerei sauditi in Turchia e quelli russi in Siria –, proprio ora i due governi che dovrebbero cercarsi si snobbano (e non per colpa di Bibi). Martedì, mentre arrivava a Gerusalemme il vicepresidente Biden, ci sono stati due attentati contro civili, uno a Gerusalemme e l’altro a Tel Aviv, la solita lotteria della coltellata che non fa notizia (ma fa morti), e in Libia siamo tutti sull’orlo di un intervento militare.
Epperò nulla, ormai non scatta il click, come si dice delle relazioni che non decollano. L’incontro con Netanyahu non è una di quelle rotture della Storia che piacciono all’Amministrazione Obama, non ci sono bandiere cubane che gonfiano al vento carico di iodio della reconciliación, non ci sono lettere da scambiarsi sottoveste con gli ayatollah. Sarebbe stato un incontro piagato dai soliti problemi, un meeting da poliziotti duri di servizio nel quartiere più duro del globo. Amen, in questo caso non resta che aspettare che la situazione cambi. Netanyahu resta e Obama è in fase di atterraggio, mancano meno di 250 giorni alle elezioni.