Quest'intesa con Erdogan piace troppo
Roma. Viva l’accordo, l’accordo è morto. Rielaborando la celebre formula dei tempi della monarchia francese, ecco che all’indomani dell’intesa a trazione tedesca tra Unione europea e Turchia sull’immigrazione, in Germania finisce sotto tiro la principale fautrice della stessa, la cancelliera Angela Merkel. Dieter Frankenberger, sulla Faz, si è detto scettico a proposito dell’accordo che prevede la riammissione in Turchia dei migranti che arrivano direttamente sulle isole greche, in cambio dell’ammissione di rifugiati già registrati ad Ankara. Innanzitutto perché, sostiene il commentatore della Faz, sarà difficile mettere d’accordo gli europei sulla redistribuzione dei rifugiati. Meglio dunque attendere la versione definitiva dell’intesa – il Consiglio dell’Ue si è dato dieci giorni, fino al 19 marzo – e poi studiare la sua implementazione. I fatti per ora sembrano dargli ragione, almeno in parte. Dalla mezzanotte di due giorni fa la Slovenia infatti ha stretto ancora di più i controlli sui flussi in ingresso in arrivo dalla Croazia. Ventiquattr’ore dopo, Serbia, Croazia e Macedonia hanno fatto altrettanto, promettendo di bloccare i migranti economici. Siamo alla chiusura della rotta balcanica, anche se Merkel aveva detto di non riconoscere come sua l’Europa che chiude le frontiere. La vulgata delle istituzioni comunitarie vuole però che anche queste mosse siano, in linea di principio, in linea con l’intesa che vorrebbe disincentivare tutti i viaggi della fortuna e avviare una procedura ordinata a partire da Ankara. “Ringrazio i paesi dei Balcani occidentali per l’attuazione di parte della strategia globale dell’Ue per affrontare la crisi migratoria”, ha twittato infatti il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk.
Tuttavia c’è un altro dubbio che assale gli analisti. Ammesso che tutto fili liscio nei confini europei, siamo sicuri che poi la Turchia presieduta dal sempre più imprevedibile (e autoritario) Recep Tayyip Erdogan sia in grado di stare ai patti? Ieri il quotidiano online Politico ha svelato un rapporto di Eurojust, istituzione di coordinamento delle attività giudiziarie europee, nel quale si osserva che Ankara non ha un numero sufficiente di guardie di frontiera opportunamente preparate a trattare con i richiedenti asilo, non ha una legislazione sui visti all’altezza, non ha un potere giudiziario propriamente indipendente dall’esecutivo, né infine è dotata di una procedura per rimpatriare gli immigrati (come invece sarebbe richiesto in alcuni casi, almeno nelle intenzioni europee).
Wolfgang Münchau, nella sua newsletter Eurointelligence, è ancora più tranchant con la leadership tedesca: “Questo accordo è un vero atto di disperazione. Se concluso, fallirà probabilmente al momento dell’implementazione, perché né la Turchia né l’Unione europea sono fisicamente o politicamente pronte per attuarlo. Anche la riapertura dei negoziati per l’accesso della Turchia nell’Ue è una farsa, specie perché le stesse Francia e Germania potranno sempre in futuro opporre il veto all’ingresso di Ankara. Infine è plausibile che questo ‘scambio’ di rifugiati non superi lo scrutinio di una corte di giustizia”. Nelle ultime 48 ore, non a caso, si sono già fatte sentire le strutture ad hoc delle Nazioni Unite che tendono a ragionare in sola punta di diritto.
Per Alex Barker e Peter Spiegel, corrispondenti da Bruxelles del Financial Times, “la Merkel ha combattuto per questo piano soprattutto per ragioni simboliche. Ha resistito alle pressioni domestiche favorevoli a un tetto al numero di migranti e ha avuto un duro scontro politico con il cancelliere austriaco Werner Faymann”. Come metterla con la chiusura della “rotta balcanica”? “Anche se la Merkel avrà rabbrividito di fronte alla retorica di Tusk sulla chiusura del corridoio, questa alla fine potrebbe essere la sua salvezza, specie se l’accordo con la Turchia collasserà. La chiusura dei confini balcanici avrà contraddetto i suoi princìpi, ma intanto ha già ridotto l’afflusso di immigrati nella Germania meridionale. E questo, alla fine, è quello di cui la cancelliera ha bisogno”, conclude il quotidiano della City con un esplicito riferimento alle elezioni regionali di domenica prossima.