I patti con Erdogan
Domenica il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha condannato l’attentato che ha ucciso 34 passanti ad Ankara, in Turchia, e ha manifestato la sua “solidarietà con il popolo turco nella guerra al terrorismo”. Può sembrare una formalità di rito, ma è l’ultima novità in una partita internazionale importante tra Gerusalemme, Ankara e Mosca. Come aveva notato a gennaio la tv israeliana Channel 2, il governo israeliano non ha condannato in modo esplicito i precedenti attentati in Turchia, andando contro il consiglio del proprio ministero degli Esteri, come risposta al fatto – secondo alcuni funzionari citati dal programma – che “la Turchia non condanna gli attentati dei palestinesi contro gli israeliani”.
La condanna di Netanyahu potrebbe essere il segnale che il processo di riconciliazione tra Turchia e Israele è in fase avanzata, dopo il quasi azzeramento delle relazioni diplomatiche in seguito ai fatti della nave Mavi Marmara, nel 2010. Prima però ci sono ancora questioni da risolvere: tra le condizioni c’è per esempio la rimozione di uomini e sedi di Hamas dalla Turchia, da dove si organizzano operazioni contro Israele. Se le relazioni tornassero alla normalità, i due governi potrebbero parlare di un contratto enorme che riguarda il gas davanti alle coste israeliane: la Turchia cerca un fornitore alternativo alla Russia, gli israeliani cercano un compratore. L’economia, l’isolamento internazionale e la buona volontà di Israele hanno costretto Erdogan al dialogo. Buon segno, anche se il presidente turco ha ancora tutto da dimostrare, in Siria e sui migranti.