Jeb e Ted nemiciamici
Martedì notte Donald Trump ha facilmente vinto le primarie in Arizona, stato di confine in cui il dato più rilevante è che John Kasich è stato in grado di prendere meno voti di Marco Rubio, candidato ritirato che ha raggranellato consensi inutili grazie al meccanismo del voto anticipato. Giusto per ribadire la condizione dell’establishment repubblicano. Nello Utah, l’altro stato dell’ovest a votare, invece i mormoni hanno castigato Trump, preferendogli Ted Cruz, l’unico che fin qui ha dimostrato di poter vincere almeno qualche battaglia contro il frontrunner. La vittoria gli è valso l’endorsement di Jeb Bush, che per come sono andate le cose ha più l’aria di un’estrema unzione che di un battesimo. Jeb, incarnazione del conservatorismo mainstream e dinastico, lo ha chiamato un “conservatore coerente e con dei princìpi” che permetterà al paese di superare la “volgarità divisiva” di Trump. Il più ideologicamente affine Kasich non è stato nemmeno citato.
E’ l’ennesima, paradossale figura del fronte “Never Trump”, che ora si appoggia sull’unico candidato che ha ancora la possibilità teorica di mettere insieme i 1.237 delegati che servono per vincere, anche se deve conquistare il 94 per cento di quelli ancora in palio per farcela. E pazienza se Cruz dall’inizio è considerato da quelli come Jeb un estremista anti establishment che al Senato ha forse perfino meno alleati di Donald Trump. Neil, il fratello di Jeb, si era già unito alla compagine di Cruz, e pure il compassato Mitt Romney tifa controvoglia per il senatore texano, nella speranza che il partito riesca nell’impresa in cui fin qui ha fallito.
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