La lunga Pasqua degli infedeli
Non fanno differenza tra le due torri di New York, la discoteca di Bali, i treni di Atocha, il primo giorno di scuola in Ossezia, le pizzerie di Gerusalemme. Fino a un parco giochi in Pakistan. Dove due giorni fa i Talebani hanno assassinato settanta persone a Lahore, in gran parte cristiani, donne e bambini. I kamikaze hanno colpito il giorno di Pasqua, offrendo quei cristiani in sacrificio. A cosa puntano gli islamisti? A rispondere alla domanda che Jean-Pierre Valognes ha posto nel libro “Vie et mort des chrétiens d’Orient”, pubblicato quando il mondo pensava alla new economy e non certo alle persecuzioni religiose: “Ci saranno ancora dei cristiani in medio oriente nel Terzo millennio?". Li abbiamo visti i funerali, qualche giorno fa, di Mumtaz Qadri, giustiziato in Pakistan per aver assassinato il governatore Salman Taseer, la cui sola "colpa" era stata di aver difeso i cristiani. A omaggiare quel terrorista sono accorse decine di migliaia di persone. Una scena incredibile. La solidarietà con l'islamista è scattata nuovamente a Molenbeek qualche giorno dopo, quando la polizia è stata attaccata durante l'arresto di Salah Abdeslam.
I cristiani di Lahore sono gli ultimi puntini rossi nel calendario del jihad. Dopo il Bataclan, è stato un crescendo. Il 20 novembre, in Mali, gli islamisti organizzano una fucilazione di massa in un hotel con 20 morti. Quattro giorni dopo, a Tunisi, 13 morti in un autobus carico di guardie presidenziali. Il 2 dicembre, in California, 14 morti per mano di due cittadini americani. Il 12 gennaio, a Istanbul, 13 morti in una popolare piazza turca. Poi prendono di mira un hotel nel Burkina Faso: 30 vittime. Un altro albergo è colpito a Mogadiscio: 15 morti. Si arriva così ai morti di Bruxelles, il cuore della UE. Nel mondo si sta svolgendo una battaglia planetaria di cultura, identità, civiltà. Dove le vittime sono gli ebrei, i cristiani, gli "infedeli" occidentali. Gli islamisti non si fermeranno finché non avranno reso il mondo a loro immagine e somiglianza. Irridiamo la loro "apocalissi", scherniamo loro e il loro Califfo. Un pallido pittore austriaco provò qualcosa di simile settant'anni fa. Anche allora, lo prendemmo sul serio soltanto dopo che aveva ridotto l'Europa in macerie.