L'affare della finta guerra alla discriminazione
Dopo le proteste in Georgia e North Carolina è la volta del Mississippi. Il governatore repubblicano Phil Bryant ha firmato una legge che permette a imprese e individui di rifiutare di offrire servizi in contrasto con il proprio credo. Bryant ha dichiarato che la norma non limita alcun diritto costituzionale e che è stata pensata per evitare interferenze statali nella vita delle persone e garantire la libertà religiosa. Qual è allora il motivo delle proteste? Il problema è che tra le convinzioni morali riconosciute dalla legge ci sono anche quelle di chi ritiene che il matrimonio possa essere solo tra uomo e donna o che il genere sessuale sia un carattere genetico determinato alla nascita.
Come d’abitudine, è scattata l’indignazione liberal nei confronti di una legge definita antigay, che non difende la libertà religiosa di nessuno perché discriminatoria e antiegalitaria. Polemiche simili sono esplose anche in altri stati, come il North Carolina, il Missouri e la Georgia. Ma a fianco ai gruppi lgbt e alle organizzazioni progressiste, si sono schierate contro la nuova norma anche diverse aziende. Si oppongono grandi imprese come Nissan e Toyota perché la norma comprometterebbe opportunità di sviluppo economico, per Ibm è una legge che discrimina le persone sulla base dell’orientamento sessuale. Lo stesso schema visto all’opera in altri stati dove norme simili sono state ritirate proprio per l’opposizione e le minacce di disinvestimento di grandi compagnie: Apple in Arizona, Hollywood in Georgia, Paypal in North Carolina. Un grande lavoro di lobbying del Big business per far naufragare una legge che non danneggia i propri affari e che è affare degli altri.