L'Iran è un paese non normale
Ieri è successo che il ministero degli Esteri iraniano ha annunciato il primo arrivo nel paese dei missili S-300 dalla Russia. Questa sigla, S-300, negli anni è diventata l’icona della capacità della Russia di imporre il proprio gioco in medio oriente: sistema d’arma a lunga gittata progettato in tempi ancora sovietici e poi passato all’erede Vladimir Putin, è capace di vedere in tempo reale e di intercettare aerei e missili nemici mentre violano lo spazio aereo con una probabilità di successo del 90 per cento. In parole povere, se Israele o altri pensano di potere bombardare i siti militari dell’Iran, devono rivedere i piani e fare i conti con questa creatura della Guerra fredda. Come sempre succede quando si parla dell’arrivo degli S-300 russi in Iran, la notizia è stata ritrattata: il ministero ha detto di poter confermare soltanto una non meglio specificata “prima fase dell’implementazione dell’accordo con Mosca”. Fuochino, fuochetto, fuocherello insomma.
Dall’installazione degli S-300 in Iran passa la normalizzazione del paese, che oggi è in pausa atomica grazie al deal con Obama, e domani chissà. Forse si spoglierà in fretta di questa sua ritrovata normalità. Le foto che circolavano sui media ieri mostravano che a scortare i presunti missili c’erano i baschi verdi dei commando della 65° Brigata aerotrasportata, lo stesso reparto speciale mandato a combattere in Siria una settimana fa. Renzi, in questi giorni primo capo di stato occidentale in visita a Teheran dopo l’accordo sulle sanzioni, dovrebbe tenerne conto. La normalità fragile dell’Iran nasconde mille possibili passi all’indietro e l’arrivo non confermato di un sistema d’arma avanzato non proietta ottimismo.