Sul New York Times, il principe dei giornalisti liberal americani scopre l'Europa sottomessa
Secondo Roger Cohen, la devastazione del quartiere di Bruxelles e dei ghetti sparsi per l’Europa, culle di terroristi, dimostra che “c’è una guerra ideologica in corso, che va affrontata come tale”.
Roger Cohen, uno dei più noti giornalisti liberal americani, ha criticato dalle pagine del New York Times il modello di integrazione messo in piedi dalle autorità belghe a Molenbeek, il quartiere della capitale belga epicentro del terrorismo islamista europeo, dove sono stati pianificati gli attentati di Parigi e Bruxelles. Secondo Cohen è una “indecenza” che il Belgio, “frantumato, abbia perso il controllo di Molenbeek”. “C’è qualcosa di soporifero in questa città, abbandonata nelle fiandre fiamminghe, assalita da divisioni amministrative e linguistiche, e dalla loro apatia, residenza di una popolazione immigrata scarsamente integrata (il 41% dei cittadini di Molenbeek è di fede islamica), e sede delle principali istituzioni di un’Unione europea ormai logorata”.
Per Cohen è difficile, anzi, non notare addirittura “un simbolismo nella decisione dello Stato islamico di istituire nella cosiddetta capitale d’Europa la base dei suoi disegni terroristici, in tempi in cui il progetto europeo non sembra essere stato mai così debole dal 1950”. I jihadisti amano i vuoti di potere, come dimostra la Siria – scrive – e il Belgio è il “vuoto” più evidente che l’Europa è oggi in grado di offrire.
La situazione a Molenbeek appare agli occhi del columnist del New York Times “vergognosa”, ma la cosa ancor più preoccupante è che “essa è solo la manifestazione più acuta del fallimento europeo”. L’immigrazione su vasca scala cominciata dalla Turchia e dal Nord Africa mezzo secolo fa, ha infatti portato “alla nascita di ghetti in molte città europee, dove i discendenti disoccupati di questi migranti sono a volte vittime dell’influenza radicalizzante di imam wahhabiti”.
“L’approccio del laissez-faire – aggiunge Cohen – che ha permesso a questi predicatori di fare proseliti, alle scuole private musulmane di moltiplicarsi in Francia, alle prigioni di funzionare come incubatori di jihadismo, ai giovani di volare in Siria per unirsi all’Isis e di tornare, e ai distretti di Molenbeek o Schaerbeek di scivolare in un vortice di negligenza, deve cessare”. “Non è sufficiente migliorare l’intelligence – conclude l’editorialista del quotidiano americano –, c’è una guerra ideologica in corso, che deve essere affrontata come tale e che fino ad ora abbiamo perso”. Occorre, poi, “che le comunità di musulmani moderati presenti in Europa facciano molto di più”.