L'Iran spiegato a Ivan Scalfarotto
Durante il suo viaggio, il sottosegretario anti omofobia mette da parte i gli stereotipi iniziali e rivaluta Teheran. Ma dimentica qualcosa.
"Rientrato giovedì mattina dall’Iran, esperienza incredibile. Non pensavo che sarei mai stato nella mia vita a Teheran, e probabilmente così sarebbe stato se non ci fossi andato per ragioni di ufficio”. Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo economico, ha affidato a un post sul suo blog personale le impressioni sulla visita di stato nella capitale iraniana, dove si è recato nei giorni scorsi con il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Il sottosegretario scrive che “lo stereotipo che avevo prima di arrivare (largamente ispirato dal film ‘Argo’, chi lo ha visto capirà cosa dico) si è totalmente modificato davanti alla realtà” e ha sottolineato la presenza di una donna nella delegazione italiana, che “aveva il capo velato”, lo stesso velo che coprì i nostri capolavori dell’arte durante la visita di Rohani a Roma (“Ci sono stati con cui non condividiamo alcune posizioni, ma questo non significa rinunciare a fare politica”). Un velo di sottomissione.
Gli iraniani hanno sorpreso Scalfarotto, che dice di non aver visto “enormi ritratti lungo le strade”, come invece si aspettava. Ma viene da chiedersi cosa direbbero delle sue parole i dipendenti di Air France, impegnati in una battaglia contro la compagnia che li costringe a lavorare in un paese dove le donne girano coperte, e l’omosessualità è condannata come reato. Forse al sottosegretario basterebbe sospendere il giudizio basato sui film di Ben Affleck e, per farsi un’idea più realistica dell’Iran, rileggere i “Versetti satanici” di Salman Rushdie.