Appunti libici (con una sorpresa)
Quando si parla di Libia con gli esperti, le risposte che si ottengono sono più o meno le stesse: difficile fare previsioni, bisogna vivere alla giornata. Eccessiva cautela? Non proprio. La giornata oggi dice che il governo del premier Serraj sta tenendo, nonostante le premesse poco rassicuranti e la frammentazione del quadro politico-militare della Libia. Dopo aver perso parecchi mesi in negoziazioni vendute come decisive ma in realtà inefficaci, oggi la comunità internazionale può dire di avere un referente a Tripoli. Fragile, sotto attacco, appeso a un filo, ma pur sempre un interlocutore che oggi – si vive alla giornata! – può decidere come e quando farsi aiutare dal resto del mondo per stabilizzare il paese. A Hannover il G5 ha formalizzato una proposta di aiuto militare che dovrà essere sottoposta sia all’esecutivo di Tripoli sia al Consiglio di sicurezza – e la possibilità che al Palazzo di vetro non ci siano brutte sorprese non è mai stata tanto alta. I numeri dell’impegno militare trapelati sui media non sono grandi né possono essere decisivi per quella enorme impresa che è combattere lo Stato islamico mentre si ricostruisce la Libia, ma lo sforzo collettivo e congiunto è ben al di sopra delle aspettative.
Ora l’obiettivo, soprattutto da parte dell’Italia che ha governato il processo diplomatico e avrà un ruolo importante nelle prossime fasi militari, in particolare per quel che riguarda l’impegno della Nato nel controllo della costa, è evitare che ci siano sbavature nell’unità internazionale. Il problema principale è l’est della Libia. Lunedì è partito alla volta di Malta il primo cargo di 600 mila barili di petrolio estratti dai pozzi dell’area sotto il controllo del generale Haftar. Malta ha negato l’attracco alla petroliera, ma a Tripoli la reazione è stata furiosa: quel carico è illegale, ha fatto sapere l’azienda nazionale Noc, che dovrebbe agire in modo unitario e non ce la fa. Lo stesso schema vale per la valuta: a Bengasi la Banca centrale libica, che dovrebbe agire in modo unitario e non ce la fa, stampa moneta. Haftar si comporta come un leader secessionista, e i suoi sostenitori, soprattutto Egitto e Francia, chiudono un occhio. Perché lo slancio internazionale non si riveli inefficace, è necessario evitare che Haftar crei le premesse di un’indipendenza. E in questo caso vivere alla giornata non è utile.
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