Nessuno scandalo, è pieno di antisemiti
Parlamentari e consiglieri comunali che suggeriscono di spostare Israele in America, che twittano sugli ebrei che bevono il sangue dei palestinesi o che dichiarano che lo stato ebraico è come il nazismo. Benvenuti nella più grande crisi politica recente del Labour inglese, dove cinquanta rappresentanti del partito sono stati sospesi a causa dell’antisemitismo. Ma nulla di eccezionale: è il nuovo mainstream europeo. Qual è l’unico paese la cui esistenza è contestata in tv, sui giornali, nei Parlamenti, nelle piazze del Vecchio continente? Non lo Zimbabwe, non Tuvalu, nemmeno il Tibet. Quel paese è Israele, l’unico che scrittori, giornalisti, intellettuali e premi Nobel demonizzano e criminalizzano ogni giorno. Tempo fa, su Repubblica, Dario Fo aveva parlato della “loro (gli ebrei, ndr) brutalità contro coloro che seguono altre religioni, come accade oggi”. Quei laburisti sospesi dal partito non hanno detto nulla di peggio.
E che dire di Jostein Gaarder, l’autore del “Mondo di Sofia”, che si è augurato l’espulsione di tutto il popolo ebraico dalla loro terra? Che pensare di Günter Grass, che ha pubblicato una poesia in cui definisce Israele l’istigatore di ogni tipo di caos? Vogliamo parlare di José Saramago, un altro Nobel che ha paragonato Ramallah ad Auschwitz, aggiungendo che il popolo ebraico non merita più “la simpatia per la sofferenza che ha attraversato durante l’Olocausto”. Questo è il modo in cui milioni di europei sono stati persuasi a vedere Israele come l’aggressore e i terroristi palestinesi come le vittime. Sarebbe da chiedere scusa a quei laburisti cacciati dal partito: vox populi, altro che scandalo isolato.