"Clinton vs. The Donald non è una battaglia scontata, almeno nel 2016", scrive sul Washington Post Philip Wallach. Ecco perché.
“Lo scontro ormai è in vista: Clinton vs. Trump. Ci sono ancora alcuni particolari da gestire – la possibilità che si faccia vivo un candidato indipendente o di un partito minore, e Trump ha ancora del lavoro da fare per assicurarsi la nomination repubblicana –, ma sembra che l’Empire State Building produrrà il primo presidente da Francis Delano Roosevelt. La maggior parte della gente pensa che Clinton sia di gran lunga la favorita in questo scontro, e questa è la giusta interpretazione dei dati dei sondaggi che mostrano che Trump inizierebbe la gara come uno dei candidati storicamente meno popolari. Ma nessuno dovrebbe già dare a Clinton le chiavi di casa. Clinton vs. Trump non è una battaglia scontata, almeno nel 2016”. Pochi giorni fa sul Washington Post Philip Wallach ha frenato gli entusiasmi dei molti democratici che vedono quella tra Clinton e Trump come una gara ormai decisa. Tutti conoscono, dice Wallach, l’imprevedibilità di Trump in questa stagione elettorale, e la sua capacità di sorprendere e rovesciare anche le credenze più radicate dell’establishment, ma tre fattori in particolare potrebbero rendere Trump una minaccia per Clinton più grande di quanto si pensi.
1. Le preoccupazioni per il fanatismo non mobilitano gli elettori come si crede
“La lunga storia di affermazioni oltraggiose di Trump combinate con il trend demografico americano hanno convinto molte persone che il candidato sia finito prima di iniziare. Dovremmo dare per scontato che Trump andrà malissimo tra le minoranze, vista la sua reputazione per quello che è stato definito bigottismo? Forse”. Ma, scrive Wallach, “Le prove del razzismo di Trump sono solo un elenco di frasi dette senza pensare… Soprattutto, il linguaggio scelto da Trump è una xenofobia del tipo noi contro di loro piuttosto che razzismo classico. Gli americani ‘normali’ che si identificano in questo ‘noi’ rifiutano il cosmopolitismo delle élite che ritengono un veleno per la nostra fibra nazionale. E questo modo di pensare non dev’essere per forza razzista”.
2. Trump è molto meglio a dettare i termini del confronto
“In termini di stile e di sostanza (o di mancanza della stessa”, Trump ha costretto tutto il campo repubblicano a parlare di quello che lui voleva e a vedere il mondo in modo sempre più trumpiano”, scrive Wallach. “Al contrario, sia nel 2008 sia nel 2016 Clinton ha lasciato che i suoi avversari dettassero i termini del gioco”, e questo renderà difficile a Clinton tenere l’attenzione concentrata sulla sua agenda.
3. Clinton sarà costretta a difendere lo status quo
“Questo significa che i democratici non dovrebbero essere così sicuri che le elezioni saranno un referendum pro o contro la figura di Trump. Se riuscissero a impostare il voto in questo modo, Clinton vincerebbe a mani basse. Ma Trump venderà agli elettori qualcosa di più della sua personalità fuori misura; chiederà di scegliere tra ‘Trump, il dito medio al modo in cui cose sono sempre state’ e ‘Clinton, la scelta in favore di ‘more of the same’’”, scrive Wallach. “Il punto di forza di Clinton è ce ha un forte recordo come first lady, senatore e segretario di stato che ha imparato come funziona il sistema. Questo la rende una insider consumata e le dà uno svantaggio pazzesco nel difendersi contro gli attacchi anti establishment di Trump”.
“Nessuno di questi punti fa di Trump il favorito alle elezioni di novembre”, conclude Wallach. “Ma il candidato è riuscito a scuotere le fondamenta della politica americana come nessuno prima. Sia che questo sia stato reso possibile dal genio o dalla fortuna (che in politica sono spesso difficili da slegare), non dovremmo sottovalutarlo”.