La libertà religiosa discriminata in America
L’American Civil Liberties Union (Aclu), la corazzata per i diritti civili americana, si batte con furore perché il giovane sikh che si arruola nell’esercito possa indossare il turbante e portare la barba. Difende il musulmano che chiede interruzioni durante l’orario di lavoro per la preghiera. E’ dalla parte del nativo americano che s’inebria con una sostanza allucinogena che è illegale, ma è parte di un’ancestrale tradizione tribale di dialogo con un mondo ulteriore. Naturalmente, le cose cambiano se un pasticciere metodista del Colorado si rifiuta di fare una torta per due novelli sposi dello stesso sesso. Quelli, dice l’associazione, discriminano il prossimo, danneggiano l’altro.
Appellandosi al principio alterum non laedere, l’Aclu ha ufficialmente ribaltato la sua posizione di strenua difesa della libertà religiosa, un principio talmente importante per l’identità americana che nel Bill of Rights viene anche prima della libertà di parola. Le leggi per la protezione della libertà religiosa che si stanno diffondendo in molti stati americani, aggiornamenti di quelle che l’Aclu ha difeso a spada tratta per decenni, sono state ufficialmente declassate dall’associazione a meri strumenti per la discriminazione altrui, a partire dagli omosessuali. Il disegno di legge “Do Not Harm”, passato alla Camera su proposta di due deputati democratici, è costruito appositamente per equiparare ogni richiesta di libertà religiosa a un’aggressione. L’Aclu ha finito per appoggiare il “Do Not Harm”, contraddicendo decenni di sostegno alla libertà evidentemente dettati da ragioni strumentali, dunque negoziabili.