Trump smaschera l'ipocrisia pacifista
E’ facile considerare le prese di posizione di Donald Trump come provocazioni demagogiche. In questo modo è stata accolta la linea di politica estera dell’ormai quasi certo candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti all’insegna dell’“America first”: la Nato “ci costa una fortuna”, “gli alleati non pagano quanto devono” e se non vogliono farlo “devono difendersi da soli”. Lo stile di Trump è quello che è, ma pone delle questioni reali se anche da questa parte dell’Atlantico c’è chi gli dà ragione, come ad esempio sir Adam Thomson, il rappresentante permanente del Regno Unito alla Nato, secondo il quale in un momento di sfide difficili, dalla minaccia dello Stato islamico alla destabilizzazione della Russia a est, nessuno può più sfilarsi: “Donald Trump ha ragione su un punto, tutti devono fare la propria parte. L’Europa non deve aspettarsi di appoggiarsi così pesantemente agli Stati Uniti per finanziare la sua sicurezza”. Il diplomatico britannico può pronunciarsi in questi termini perché Londra è uno dei pochi paesi europei che rispetta il target del 2 per cento del pil di spesa per la Difesa stabilito all’unanimità dai membri dell’Alleanza atlantica.
L’America contribuisce in modo notevole con oltre il 3,5 per cento del pil, mentre i paesi europei in media solo con l’1,4 per cento, e solo quattro paesi – Grecia, Polonia, Gran Bretagna ed Estonia – che rispettano l’obiettivo del 2 per cento. L’Italia nella Nato è tra i paesi che contribuiscono di meno, lo 0,95 per cento del pil, e tra l’altro è quello che spende più di tutti per i costi del personale, oltre l’80 per cento del budget. Come se non bastasse è anche il paese che più di tutti ha ridotto le spese militari, oltre il 12 per cento in un anno. Le rimostranze sollevate da Trump sugli europei scrocconi, free rider della sicurezza, non sono spiccia propaganda elettorale a uso interno. Qualche mese fa è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a criticare i continui tagli alla Difesa dei paesi europei e in particolare dell’Italia. La questione fa emergere anche un paradosso a lungo invisibile: per anni, soprattutto a sinistra, si è criticato l’interventismo yankee in politica estera e allo stesso tempo si è usato il taglio delle spese militari come passe-partout per coprire ogni tipo di manovra economica in politica interna. Se Washington si sposterà su una linea più isolazionista, tutti si renderanno conto che la sicurezza ha un costo e quantomeno il populismo di Trump servirà a smascherare la demagogia di chi pensava di poter fare il pacifista coi soldi degli altri.