Così Tsipras ha perso il treno
Il primo ministro greco, Alexis Tsipras, difficilmente potrà sbandierare il debole accordo raggiunto all’Eurogruppo nella notte tra martedì e mercoledì come una grande vittoria politica. I creditori europei hanno dato il via libera a una nuova tranche di aiuti da 10,3 miliardi, ma rimangono profondamente sospettosi. Hanno suddiviso il pacchetto finanziario in due rate, chiedendo al governo di Syriza di completare riforme controverse come il fondo sulle privatizzazioni. A luglio la Grecia non farà default grazie ai primi 7,5 miliardi, ma gli altri 2,8 miliardi arriveranno solo se il leader di Syriza costringerà i suoi a rinnegare le loro tesi stataliste. Quanto al debito – la battaglia di tutte le battaglie per Tsipras – il risultato è ancora più sconsolante per il premier greco. Quella dell’Eurogruppo è solo una promessa di allungare scadenze e ridurre tassi di interessi: le decisioni saranno prese solo nel luglio 2018, dopo le elezioni in Germania e Francia, e sempre che Tsipras rispetti tutti gli impegni su riforme e obiettivi di bilancio. Insomma, la ghigliottina della Grexit continuano ad averla in mano i creditori. Tsipras, con la sua conversione al realismo, sembra almeno aver compreso che la minaccia di un’uscita dall’euro è ormai completamente sterile.
Il dramma per la Grecia e i greci è che con la sua ribellione dello scorso anno, applaudita da populisti di sinistra e di destra, il premier greco ha ottenuto molta più austerità e soprattutto un possibile sconto sul debito molto inferiore a quello che i creditori avevano promesso ad Atene nel 2012. Nel novembre di quell’anno l’Eurogruppo si era impegnato a una ristrutturazione tale da far scendere il debito sotto il 124 per cento del pil nel 2020 e al 110 per cento del pil nel 2022. Dopo il braccio di ferro di Tsipras, che ha portato la Grecia sull’orlo della Grexit e di nuovo in recessione, le proiezioni del Fondo monetario internazionale indicano che il debito raggiungerà il 174 per cento nel 2020 e il 167 per cento nel 2022. La condizione nel 2012 era sempre la stessa: un avanzo primario e “la piena attuazione di tutte le condizioni contenute nel programma”. Se nel 2015 Tsipras avesse scelto di fare le poche cose che chiedevano i creditori, avrebbe potuto rivendicare un enorme successo sulla ristrutturazione del debito. Invece ha preferito fare la rivoluzione, capitolare e condannare le future generazioni di greci all’austerità.